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Continua il dibattito aperto dopo l'articolo di Maurizio Rossi, in qualità di membro della Commissione trasporti Senato XVII legislatura, in merito al Terzo Valico ferroviario Genova - Milano. Oggi pubblichiamo il commento di Franco Manzitti.
"Seguo il Terzo valico dal 1988, non solo come giornalista, ma come figlio di mio padre, Giuseppe Manzitti, che in quell'anno lo rilanciò dopo decenni di oblio, insieme a uomini di buona volontà tra Genova e Milano, fondando il Cociv e poi il Civ e progettando questo, che allora si chiamava treno veloce o supertreno.
Quella spinta forte, concordata con personaggi come Gianni Dagnino, allora presidente di Carige, Ugo Marchese, grande docente di Diritto dei Trasporti e con i manager della Sina, la società che aveva contribuito a costruire diverse autostrade in Italia, tra le quali quella dei Fiori, la A10, tra Savona e Ventimiglia, culminò in un grande Convegno a Genova alla Fiera del Mare nel 1990, presenti due potenti ministri di allora, Claudio Martelli e Bernini, un socialista e un democristiano.
Da allora l'avventura del Terzo Valico è un romanzo: lo hanno inaugurato diverse volte, un po' i governi di centro sinistra e un po' di centro destra. Hanno fatto buchi e fori pilota nell'Appennino, hanno affrontato le prime inevitabili manifestazioni contro l'opera. Come figlio di mio padre nel 2005 ho perfino ricevuto dalla Regione Liguria di Biasotti una targa in memoria, insieme all'euforico annuncio che i lavori erano partiti. Alla presenza di ben tre ministri dell'allora governo Berlusconi. Ripeto la data 2005.
Il progetto iniziale prevedeva una linea diretta Genova-Milano, che, uscita dal Valico, procedesse verso Milano su binari “propri” su terreni per i quali si erano già incominciati a trattare sia l'esproprio sia le opere di compensazione. Era un treno che avrebbe impiegato un tempo largamente inferiore a un'ora, circa quaranta minuti. Poi tutto è cambiato e il difficile rapporto con l' allora Impero delle Ferrovie dello Stato (presidente Lorenzo Necci), che non mollavano la concessione a costruire, l'avversione all'opera della Fiat degli Agnelli, che preparavano la Torino-Lione e le manovre dei partiti politici pre- tangentopoli hanno cambiato tutto, mentre il Cociv resisteva come società, ma con “padroni”diversi e azionisti collegati ai partiti politici.
Il “supetreno” diventava necessariamente un treno “ad alta capacità”, nel senso che si trasformava da un'idea di trasporto passeggeri a un trasporto misto, passeggeri e merci. Come era ovvio. Ma intanto il treno non partiva.
Molti decenni dopo, il ragionamento di Maurizio Rossi sulla urgenza tradita del quadruplicamento della linea dopo Tortona, che l'ex ministro e presidente della regione Claudio Burlando condivide, sostenendo addirittura che così come lo stanno costruendo il Terzo Valico è quasi inutile, se non arriveranno, purtroppo in non meno di 10 anni, i nuovi binari da Tortona a Milano Centrale o Milano Rogoredo, non fa una piega. Ma bisogna considerare che abbiamo perso decenni, prima che arrivassero “i lotti costruttivi”, ideati da Monorchio e spinti molto da Luigi Grillo, forse l'uomo politico ligure che più si è battuto per l'opera, per facilitare progettazione, finanziamento e costruzione.
Sia Genova che Roma hanno rallentato una idea che era una anticipazione perfino dell'Alta velocità, poi costruita in molte tratte ferroviarie italiane. Meno che a Genova. Milano, la grande Milano, che beneficerebbe di questo collegamento in modo esponenziale, non si è mai battuta per spingerla, né con la sua classe imprenditoriale, né con i suoi politici.
Non voglio fare qui processi, né avanzare rivendicazioni sul fatto che se si partiva subito con il progetto iniziale, per il quale i promotori avevano anche trovato cospicui finanziamenti sopratutto da banche francesi, oggi altro che parlare di quadruplicamento!
Sul Terzo Valico le istituzioni, i pubblici amministratori di tanti colori e di tanti partiti non hanno mai detto la verità fino in fondo.
Oggi, per esempio, non dicono che la costruzione del Valico, quello che Burlando oggi definisce indirettamente come inutile senza i nuovi binari Tortona-Milano, è pesantemente ritardata da quella bolla di gas che si trova in val Lemme in quel chilometro e mezzo di tratta dove i lavori sono fermi.
Non è vero che almeno con una canna si potrà arrivare a rispettare la data fatidica del 2026. Il gas trovato all'inizio dell'estate scorsa in quella pancia di Appennino, che non è affatto raro nella catena montuosa, e che è stato scoperto dopo altre pesanti difficoltà del terreno nella stessa zona, è oggi un ostacolo molto difficile da affrontare. E blocca tutte e due le canne.
Ha ancora una pressione forte, non c'è ventilazione che possa garantire agli operai di entrare in quella galleria e far cadere l'ultimo diaframma.
I lavori proseguono sugli altri 13 fronti, ma lì sono fermi e i tecnici stanno studiando ogni soluzione, assistiti dalla Saipem, la grande azienda petrolchimica, esperta nel settore. Quel gas, che potrebbe essere anche un giacimento, non può neppure essere sfruttato perché è troppo pieno di zolfo. Se non si esaurisce da solo, e sarebbe un miracolo, l'unica soluzione è estrarlo e bruciarlo all'esterno, in una di quelle fiamme che le vecchie generazioni di genovesi ricordano in Valpolcevera quando c'era la raffineria Garrone.
Ma estrarre il gas dalla Val Lemme, alle spalle di Voltaggio, significa compiere un'opera enorme. Scavare un camino profondo centinaia di metri, arrivare sotto la linea in costruzione e correre parallelamente al suo percorso.
Ci vuole tempo, ci vogliono nuovi investimenti e anche permessi ambientali. Insomma un lavoro che altro che prevedere una fine lavori nel 2027, 2028, come ipotizza ancora Burlando. Andremmo più avanti. Chissà e intanto addio fondi PNRR...
I tecnici del Cociv sono in gamba, hanno larghe esperienze e affiancati da Saipem studiano altre soluzioni, augurandosi che quel gas, quella bolla, una grande bolla, magari si esaurisca da sola. Ipotesi plausibile, ma non ancora confermabile. Intanto nessun operaio può entrare in quella galleria.
E allora, a monte del corretto discorso di Maurizio Rossi, che lo fa da anni e anni e dalle altre valutazioni che seguono e che sono tutte appropriate, resta questo ennesimo grande ostacolo per un'opera che Genova aspetta da 110 anni, che dal 1988 era ripartita finalmente con i presupposti di soluzioni decisive, che ha incontrato scogli politici e burocratici, e ora geologici anche inaspettati in questa forma".
*Editorialista di Primocanale
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