GENOVA - Prosegue la nostra inchiesta sul tunnel subportuale di Genova (GUARDA QUI TUTTE LE PUNTATE), opera che chissà se il sindaco Marco Bucci, dopo i tentativi falliti di tre suo predecessori, riuscirà a portare a termine, forte dell'accordo compensativo con Autostrade per il crollo di ponte Morandi, che assegna per l'opera 700 milioni di euro. Le interferenze con opere già previste, e in alcuni casi già avviate, soprattutto nell'ambito del Piano straordinario del porto di Genova, sono tante, e paiono in alcuni casi insormontabili. Però non spaventano il primo cittadino che le ha definite "dettagli". E soprattutto accolleranno ad Autostrade oneri molti elevati, per mitigare proprio queste interferenze, scritte nel dossier di scoping, cioè di osservazione, della Regione Liguria su una bozza di progetto presentata da Autostrade, che dovrà poi redigere lo studio di impatto ambientale. Da quel momento la Regione ha calcolato che ci vorrà un anno circa per la valutazione di impatto ambientale e le altre procedure previste, tra cui la conferenza dei servizi.
In questa puntata di occupiamo del capitolo demolizioni, che interessano diverse aree della città, toccate dal percorso del tunnel che si innesta a ponente all'altezza della Lanterna e del nodo di San Benigno, ha una interconnessione con il centro città all'altezza di Madre di Dio e sbuca in viale Brigate Partigiane. Ecco che cosa recita il dossier della Regione:
"Sono previste le seguenti demolizioni:
- un edificio in zona S. Benigno di 14.500 mq pari a 200.000 mc per la zona cantiere per gli scavi sommersi;
- alcuni edifici in zona Molo Giano, per una volumetria complessiva di circa 35.550 mc per lo sbocco delle
rampe in zona Madre di Dio;
- un tratto di Sopraelevata (6.500 m. circa) sul cui sedime sorgerà parte del nuovo svincolo di
collegamento;
- due edifici presso il previsto sbocco in Viale Brigate Partigiane (la sede di un concessionario di auto e
l’adiacente distributore di carburante per circa 11.000 mc)".
IL COMMENTO
Grazie dei consigli, caro Principe
Il Pd ha i voti e i giovani forti, ma restano i “parrucconi”