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Samirà Ardalani: "Si esce per protestare, non si sa se si torna a casa, soprattutto non si sa se si rimane vivi"
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BRUXELLES - Nel giorno del capodanno Persiano, il Nowruz, che coincide con l'equinozio di primavera, il popolo iraniano che vive in giro per l'Europa si è dato appuntamento a Bruxelles per esprimere la propria vicinanza ai connazionali che da oltre sei mesi protestano contro il regime. Nowruz significa letteralmente "giorno nuovo" e indica un nuovo inizio, una nuova vita. È una festa antichissima, legata alla religione zoroastriana, particolarmente sentita in Iran, ma festeggiata anche in tutti i Paesi che facevano parte dell'Impero persiano, oltre che dalle comunità iraniane sparse ovunque nel mondo. Le manifestazioni in giro per l'Iran sono partite il 16 settembre 2022: tutti i giorni nelle strade, nelle piazze, giovani e meno giovani rischiano la propria vita per liberare il Paese dal regime, chiedendo libertà e democrazia. 

In collegamento da Bruxelles, per Primocanale, Samirà Ardalani, rappresentante giovani iraniani residente in Italia, ha raccontato cosa è andato in scena oggi. "Le istanze dei manifestanti sono qui per chiedere all'Aia di inserire il corpo delle guardie della rivoluzione islamica, nella lista delle organizzazioni terroristiche dell'Unione europea. Chiediamo inoltre di riconoscere il diritto alla legittima difesa del popolo iraniano, il diritto del popolo iraniano a rovesciare la dittatura al potere per raggiungere la democrazia. E un'ulteriore richiesta è quella di sostenere la richiesta. L'appello alla Corte penale internazionale perché venga emanato un mandato d'arresto per i leader supremo del regime responsabile di crimini contro l'umanità".

L'obiettivo è quello di continuare a tenere accesi i riflettori su ciò che sta accadendo in Iran e di chiedere all'Europa una politica ferma e decisa nei confronti del regime. "Oggi c'è molta partecipazione a Bruxelles e siamo sicuri che questo avrà il suo effetto. Un'intera comunità internazionale, in particolare quella europea. L'obiettivo è quello - aggiunge Samirà Ardalani - di continuare a fare conoscere cosa sta accadendo nel mio Paese e di sensibilizzare anche le istituzioni europee".

Chiedo inoltre a Samirà di spiegare come si vive in Iran, cosa significa trovarsi sotto il regime teocratico. "Si esce per protestare, non si sa se si torna a casa, soprattutto non si sa se si rimane vivi. I dati raccolti dalla rete interna di uno dei principali gruppi di opposizione che il gruppo dell'Olp, l'organizzazione dei Mujaheddin del popolo iraniano, parla di 750 manifestanti uccisi dalle forze repressive, di cui 664 sono stati identificati. L'elenco disponibile in rete parla di oltre 30.000 arresti. L'ultimo report di Amnesty International della scorsa settimana parla di torture scolastiche fisiche su coloro che protestano. La violenza sessuale è usata come un'arma nei confronti di tutti i manifestanti, in particolare nei confronti delle donne che sono in prima linea" sottolinea Samirà Ardalani.

Sono proprio le donne il motore della rivoluzione, ma sono anche le prime vittime del regime che ha istituzionalizzato la misoginia. "Eppure, nonostante la repressione, gli iraniani sono decisi a continuare le proprie proteste, a rischiare le proprie vite perché chi crede nelle strade sa che potrebbe non tornare mai più a casa. Ma vogliono e sono determinati a continuare la loro lotta per arrivare al rovesciamento di questo regime che porti poi a una Repubblica democratica basata sulla separazione tra religione e Stato, sulla parità tra uomo e donna e sul rispetto" conclude la rappresentante giovani iraniani residenti in Italia. Non abbassare l'attenzione, mai. È questa la richiesta del popolo iraniano all'Europa, al mondo, per uscire da una regime dittatoriale in cui la libertà è ancora un miraggio.

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