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Per l'ex ministro dem la fase costituente andava fatta dopo il congresso ordinario, e non prima. Per altri il suo è un tentativo per prendere tempo e trovare un candidato della sinistra interna alle primarie
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ROMA - Non vuole essere definito "bastian contrario" come ormai pare l’abbiano ribattezzato in molti tra i corridoi romani del Pd. Di fatto il ligure Andrea Orlando da settimane sta lanciando critiche non troppo velate alla fase costituente che porterà il partito al congresso del prossimo 12 marzo. Critiche sui tempi e sulle modalità del percorso congressuale.

Anche oggi torna sulla questione "anche se so – scrive – che sarà volutamente fraintesa". E ribadisce la richiesta avanzata già da tempo ("da me e da pochi altri") per una costituente che parta dall’analisi del modello di sviluppo. E quindi più lunga rispetto a quanto previsto.
Posizione che qualche analista e molti dem hanno inteso come il tentativo di prendere tempo per trovare un candidato della corrente più a sinistra, rappresentata dallo stesso Orlando, che sarebbe rimasto spiazzato dalle candidature a tempo record di Bonaccini e Schlein. "Alcuni quotidiani – spiega però l’ex ministro – tornano a collegare la mia richiesta di una riflessione più profonda alla mancanza di un candidato della sinistra del Pd. La ricostruzione – dice – è ovviamente faziosa".

Per Orlando la costituente, di cui peraltro è uno dei membri, andava fatta dopo il congresso ordinario, "evitando così di sovrapporre due percorsi difficilmente compatibili, costituente e primarie, appunto", per poter affrontare soprattutto le tematiche economiche che hanno portato, negli ultimi anni, a vivere l’attuale fase in cui "le imprese e i governi tutti – scrive – stanno attivamente ripensando le loro politiche di investimento e le strategie industriali alla luce del nuovo ordine geopolitico, della crisi energetica, dell’accelerazione tecnologica e dell’imperativo climatico".