 In fondo non è difficile spiegare perché questa farsa della scelta del candidato alla presidenza regionale da parte della coalizione Pd-Cinque Stelle-Campo Progressista continua ad andare avanti in una sequenza ridicola, se non ci fosse da piangere.
                    
                    In fondo non è difficile spiegare perché questa farsa della scelta del candidato alla presidenza regionale da parte della coalizione Pd-Cinque Stelle-Campo Progressista continua ad andare avanti in una sequenza ridicola, se non ci fosse da piangere. La coalizione che regge il progetto-alleanza tra Pd e grillini (se possiamo ancora chiamarli così) è posticcia e finta. Sta in piedi come sta in piedi a Roma, dove si è formata, per lo stato di necessità che aveva portato anche alla formazione, ancora più icocervica, del governo precedente Lega-5 Stelle. Ma su un territorio più locale, più regionale, le specificità dei due “contraenti” e quindi le differenze si accentuano maggiormente, come se fossero messe sotto una grande lente di ingrandimento.
Entrano in campo fattori molto più urticanti e reciprocamente respingenti, che impediscono al candidato scelto da una parte di piacere all’altra. Anche se, come è accaduto, Roma spinge per una soluzione condivisa. Insomma, Ferruccio Sansa va bene a Roma Pd, ma non va bene a Genova Pd, perché i liguri hanno in saccoccia tutti i dettagli di un rapporto che è datato e “sofferto” inevitabilmente. Ariel Dello Strologo non entra neppure nella discussione “locale” per la procedura con la quale il suo nome è stato presentato alla controparte grillina dai proponenti Pd. Forma o sostanza?
Sono sintomi evidenti di una distonia che non nasce strettamente dalla caratura dei personaggi sulla ribalta, ma dalle differenze “genetiche” delle due formazioni politiche. Su cosa vanno veramente d’accordo, considerato che hanno elaborato perfino una “piattaforma programmatica” sulla quale innestare il candidato finalmente prescelto? Valga solo un esempio come risposta. La famosa Gronda che il Pd vuole (ma non riesce a fare da decenni) e i 5 Stelle avversano, con modulazioni flessibili, ma anche molto discutibili.
Lo “stato di necessità istituzionale”, che ha portato al governo il Conte bis, qui non riesce a far passare per la cruna dell’ago dell’alleanza artificiale neppure un nome. Probabilmente neppure Gesù Bambino riuscirebbe a trovare il consenso duplice. E la Liguria aspetta e Toti, mai così contendibile come in questo tempo nonostante le apparenze, osserva dall’alto del ponte dei miracoli, a fianco di Salvini, la inestricabile bagarre intorno al nome del suo avversario principale. Perché questa inconciliabilità di contendenti secondari ne ha già prodotti un drappello: Massardo, Serafini, Salvatore… Avanti che c’è posto.
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