politica

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Riuscirà Giovanni Toti, governatore della Liguria targato Forza Italia, gran "pontiere" come si diceva in Era Democristiana tra Berlusconi e la Lega, laddove ci provano anche l’ex ministro Carlo Calenda e soprattutto l’ex fenomeno Matteo Renzi? Riuscirà il presidente della Liguria a convincere qualche milione di Moderati disgustati a tornare a frequentare le urne? E altri moderati a dirottare i voti verso un ipotetico nuovo movimento?


Mancano tre giorni al fatidico sabato del teatro Brancaccio, dove Toti ha chiamato a raccolta i suoi possibili compagni di viaggio e dopo il tentativo schizofrenico del Cavaliere di recuperarlo insieme a Mara Carfagna. Un invito poco convinto che, come ha spiegato pochi giorni fa su questa pagina Maurizio Rossi, rischia di diventare da mezzo trappolone un trappolone intero. Con la collaborazione dei vecchi barbogi reduci di tutto e angosciati dall’idea di perdere vellutati sostegni per le loro chiappe parlamentari.

Ci deve provare ormai. Toti deve provarci a tutti i costi anche perchè non ci sono alternative e lo deve nei confronti dei tanti amministratori locali che lo hanno seguito, stufi di essere stati abbandonati al loro destino dai dirigenti centrali e locali di Forza Italia e da chi, catapultato, si è fatto eleggere, scomparendo subito dopo dai territori in cui è venuto e elemosinare voti. La Liguria in questo campo, insegna, da Minzolini a Mulè.

Tocca a Toti tentare perchè ci ha messo la faccia e perchè in Liguria è riuscito a costruire un suo movimento forte, annullando gli avversari interni, cucendo una alleanza con la Lega di Rixi e con il sindaco di Genova Bucci che è un modello nazionale per il centrodestra, distinguendosi dal sovranismo becero e dal berlusconismo di comodo.