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Il ct campione del mondo fa un tuffo nel passato e guarda alla stracittadina
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 Marcello Lippi, quasi un quarto di secolo a Genova nella Sampdoria prima da giocatore e capitano e poi da allenatore dei giovani guarda con realismo al prossimo derby: “Sarà una stracittadina in tono minore, tra due squadre in difficoltà, che però credo abbiano qualcosa in più delle altre concorrenti nella lotta per la salvezza”.
La differenza tra i derby di Torino e Milano, vissuti da allenatore, e quello di Genova? “Qui c’è uno spirito più campanilistico, ci si prende in giro tutto l’anno. Io non ne avevo mai perso uno a livello giovanile, persi il primo in campionato e negli spogliatoi mi misi a piangere. Però fra giocatori delle due squadre c’era un bel clima, ci si frequentava, si andava a mangiare nello stesso ristorante”.


La Sampdoria è una parte imprescindibile della vita di Lippi, ieri sera ospite al Ducale nel primo incontro del ciclo “Allenatori e intellettuali” ideato da Marco Ansaldo e da lui organizzato con Renzo Parodi: “Nella Sampdoria ho passato una parte importante della mia vita, qui ho conosciuto mia moglie e qui sono nati i miei figli. La salvezza? Le ultime cinque o sei devono stare attente, ma anche quelle a 15-16 punti non sono fuori”.
Infine, un pensiero per Vialli che poteva diventare presidente: “Di lui penso che avrebbe fatto al meglio qualunque cosa avesse deciso di fare nella vita. Ora ha un ruolo in Nazionale e lo svolgerà al meglio”.
Due curiosità emerse infine nella conferenza al Ducale, con un intervistatore del calibro di Lorenzo Licalzi: “Quando arrivai alla Juve, per prima cosa convocai Vialli e ci trovammo nella sala riunioni della Toro Assicurazioni, un tavolo lunghissimo apparecchiato per due agli estremi… Ma appena lo vidi mi avvicinai e pranzammo insieme. Mi disse: mister, qui non mi trovo bene, vorrei tornare alla Sampdoria… E io: ma come, arrivo qui e subito mi chiedi di rinunciare al più forte centravanti d’Europa?”. Infine, un accenno alla Sampdoria di oggi: “Quando mi hanno presentato Ferrero, ho capito che non sapeva che avevo giocato vent’anni in blucerchiato…”