cronaca

L'infettivologo: "Il nostro Paese non è attrezzato, sì alle lezioni in aula anche in zona rossa"
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"Le scuole devono riprendere anche in zona rossa, perché i contagi avvenuti nella scuola sono assolutamente pochissimi e soprattutto la chiusura della scuola non ha influenzato l’andamento dell’epidemia”. Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova non ha dubbi. La presenza degli alunni in classe o nelle aule universitarie non incide in modo determinante sulla diffusione del virus.

Credo che, anche alla luce della mia esperienza di professore universitario, sia giusto per i ragazzi tornare ad avere una socialità, hanno perso due anni della loro vita dal punto di vista scolastico - precisa Bassetti -. La Dad non è scuola, mi spiace dirlo ma nel nostro Paese non siamo attrezzati, organizzati e culturalmente evoluti per avere la Dad, questo ce lo dobbiamo dire con onestà”.


E ancora prosegue Bassetti: “Per arrivare alla Dad ci vuole un percorso che altri Paesi hanno fatto ben prima di noi e quindi hanno sofferto meno di noi. Ci siamo trovati da un giorno all’altro ad avere aperto un interruttore per arrivare a fare in Dad quello che si faceva in classe. Non erano pronti i professori, non erano pronti gli studenti, ma soprattutto non erano pronte le strutture dal punto di vista tecnologico. Ma sono convinto che ancora non siamo pronti, quindi il ritorno a scuola è il ritorno ad una normalità di una grande scuola, come è quella italiana, che però ha bisogno del contatto. Noi siamo un popolo che ha bisogno del contatto, ovviamente in sicurezza, e dobbiamo tornare a fare scuola come lo abbiamo sempre fatto perché è un’ottima scuola.

I casi di sezioni e istituti chiusi e in quarantena in Liguria così come nel resto del Paese tuttavia non sono mancati ma è evidente che ora l’intenzione che arriva anche dal Governo è quella di ripartire in presenza il più possibile. Tutti in classe in zona gialla e arancione dal 26 aprile ma non solo, si va verso il ritorno in aula anche per le zone rosse, seppur con delle limitazioni. Da lunedì 19 aprile saranno in tutta Italia 7 milioni gli stidenti che torneranno a muoversi e a frequentare in presenza gli istituti scolastici sparsi per il Paese. Via libera anche per le Università con lezioni, sessioni di esame e di laurea in presenza a partire dal 3 maggio. Ma la scelta se attuare o meno l'indicazione arrivata dal Governo è lasciata alla discrezionalità dei singoli atenei.


 “Dobbiamo progressivamente tornare alla normalità, a una nuova normalità, e dobbiamo farlo a partire dalla scuola. Nei prossimi giorni lavoreremo con i nostri Uffici territoriali, gli Enti locali, le scuole, i tavoli prefettizi. Saremo come sempre al fianco della comunità scolastica” spiega il ministro all’Istruzione Patrizio Bianchi. Si parla di rischio ragionato. I sindacati chiedono un adeguamento dei protocolli rimasti fermi alla scorsa estate. Oltre a questo viene chiesto un potenziamento dei sistemi di traporto dedicato agli studenti. E ancora mettere a punto un sistema di tracciamento e consentire ai singoli istituti di regolare al meglio gli orari di entrata e uscita e ripartire con le vaccinazioni del personale scolastico.

Da una parte il rischio contagi dall'altra i problemi che la didattica a distanza causa negli studenti. Il pedagogista Daniele Novara in un suo intervento sul Corriere della sera ha elencato quattro situazioni. La prima riguarda i danni da isolamento sociale, la seconda i danni da eccesso di uso di dispositivi virtuali, la terza i danni in ordine allo sviluppo cognitivo e infine i danni da regressione psico-evolutiva. Dall'altra parte ci sono i dubbi di una buona parte di genitori e professori, sondaggi non ufficiali parlano di un 50% di favorevoli e di un 50% di contrari. Situazioni dunque che vanno pesate.

Uno degli studi che avevano negli scorsi mesi convinto il Comitato tecnico scientifico a consigliare nuove possibili chiusure per le scuole si intitola “Focus età evolutiva”, studio stato realizzato dall’Istituto superiore di sanità prendendo in esame i dati dal 28 agosto 2020 al 21 febbraio 2021. Secondo l’indagine, dall’ultima settimana di gennaio l’incidenza settimanale ogni 100mila abitanti dei casi tra zero e 18 anni ha superato quella dei casi trovati tra tutte le persone con più di 20 anni. Un indicazione ma non un dato certo. E in effetti i dati certi sui contagi nelle scuole sembrano essere assenti. Ora dunque la decisione di ripartire con un rischio ragionato. Il tempo dirà se sarà stata la scelta giusta. 

(foto Ansa)