Alle 11.36 ho pensato a quell' abbraccio che Luigi non potrà più dare a sua mamma Maria Grazia: "di quelli che toglievano il respiro" mi ha sempre detto lei. Ho pensato alle gite in montagna di Andrea e suo figlio "la prima volta che l'ha preso in braccio non potrò mai dimenticarlo, era così impacciato..." mi ha raccontato Giovanna, ma ho pensato anche ai silenzi di quel 'ragazzone' di 47 anni che Barbara, la sua compagna, descrive come quelle cose che contano nella vita "perché per essere felici basta poco".
Alle 11.36 ho immaginato Mirko guardare sua mamma Paola da sotto i suoi inseparabili Rayban mentre le raccontava l'ultimo libro divorato e poi si stringeva sua sorella e la sua nipotina. Ho visto le tante foto del viaggio di nozze di Claudia e Andrea che si erano sposati solo il 23 luglio 2018 e avevano fatto un bellissimo tour negli Stati Uniti insieme a Camilla e Manuele, i figli di Claudia, ho immaginato, 'visto', quel peluche della collezione di Camilla che teneva stretto vicino a lei anche durante il crollo. Alle 11.36 nella radura della memoria c'era solo silenzio, uno di quei silenzi che valgono più di mille parole. Sia i momenti prima che quelli successivi alla cerimonia di inaugurazione della 'radura della memoria' sono stati caratterizzati dal silenzio, dalla voce bassa anche dei giornalisti, da chi era lì per raccontare.
Un silenzio, segno tangibile di una ferita che mai potrà rimarginarsi per i parenti e i famigliari, ma che è ancora aperta per la città e per i tanti genovesi. In lontananza le sirene del porto di Genova e le campane delle chiese come un lamento, come nel giorno dei funerali e del primo anniversario del crollo. Alle 11.36 è come se mi fossi ritrovata sulla Opel gialla di Henry Diaz, lui che nelle ultime settimane sognava spesso di morire uscendo proprio da una galleria cadendo nel vuoto. Alle 11.36 il mio cuore si è fermato e davanti a me sono passati gli occhi di mamme, fratelli, zii, cugini, amici delle 43 vite spezzate. I loro occhi non li posso dimenticare, ma non dimentico neanche i loro nomi, le storie di chi ho imparato a conoscere in questi 24 mesi.
Loro che si sono trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato. Loro che potevamo essere noi. Alle 11.36 il mio cuore si è fermato e ho pensato a tutti quegli abbracci che in questi mesi non ci sono potuti essere, ho pensato a quelle risate vere di gusto, ho pensato a quella sedia vuota a tavola a Natale o a quei vestiti che qualcuno non ha più lavato per cercare di sentire ancora quell'odore. Alle 11.36 ho pensato ancora una volta a quanto dolore questa tragedia ha provocato e provoca.
Alle 11.36 ho pensato che tutti insieme dobbiamo continuare a tenere alto il ricordo e chiedere giustizia, lo dobbiamo alle 43 persone che sono morte due anni fa, perché al loro posto potevamo esserci noi. Alle 11.36 ho pensato che non deve più succedere che una mamma debba aspettare cinque giorni e cinque notti che le venga restituito il corpo del figlio rimasto sepolto sotto la pila di un ponte. Alle 11.36 ho pensato a quante volte abbracciamo qualcuno che amiamo in maniera un po' distratta e invece ogni abbraccio deve essere come quello che Luigi dava a sua mamma Maria Grazia: uno di quelli che tolgono il fiato.
cronaca
Il silenzio delle 11:36, l'ora degli abbracci spezzati
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