politica

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Se non capisco male, la cosa funziona così: anni fa mi danno in mano una proprietà dello Stato, le autostrade, con l'obbligo di occuparmi di tutto, manutenzioni comprese, e ricevendo in cambio la possibilità di mettermi in tasca ogni incasso. Però quelle manutenzioni non le faccio, o al massimo le faccio in minima parte, fino al punto di farmi crollare un ponte e provocare 43 morti, oltre a decine di feriti.

Lo Stato mi dice: ohe', sei inaffidabile e quindi mi detta un'agenda dei lavori serrata, tanto che una regione, la Liguria, finisce in ginocchio a causa dei cantieri autostradali. Genova, arrivare o partire non fa differenza, diventa un incubo. E lo stesso dicasi per le due riviere, di levante e di ponente. Alla faccia del turismo e dell'economia che devono ripartire. Ma non basta.

Siccome è del tutto evidente, ormai, che nessuna parte politica può in qualche modo difendermi, perché effettivamente come gestore delle autostrade sono totalmente inadeguato e in malafede, almeno questo dicono i magistrati che stanno indagando sul crollo del ponte, lo Stato decide che devo farmi da parte. Mi sequestrano la concessione, me la espropriano, la fanno decadere perché il rapporto fiduciario è venuto meno? Oppure gli uomini di quello Stato si inventano un'altra diavoleria qualsiasi per farmi fuori e basta, come meritano le mie azioni?

Macché. Poiché ho fallito in tutto, sembra proprio in tutto, per lasciarmi a casa mi danno nove miliardi! La proprietà delle autostrade ritorna allo Stato, scrivono enfatici i giornali e raccontano enfatiche le televisioni. Ma lo Stato siamo noi. E siccome non c'è alcun bisogno di parafrasare pur ben riuscite canzoni per compiere una simile affermazione, ecco le famiglie delle vittime del ponte insorgere: "È una vergogna!".

Insorgo anche io. E mi vergogno pure di gran parte dei miei colleghi giornalisti: registrano la notizia, ma con titoli che fanno sembrare l'operazione una vittoria. Nove miliardi agli azionisti di Atlantia, che controlla Autostrade, che si è fatta crollare il ponte Morandi: ma quale vittoria può essere questa? E non me la prendo con Cassa Depositi, che in quanto società pubblica è costretta a obbedire agli ordini della politica: caccia il grano, insieme con due fondi di investimento, e deve tacere.

Piccoli dettagli. Il grano è il nostro, visto che Cassa Depositi ha in pancia una parte cospicua dei nostri risparmi. E la politica non può imporre il silenzio a Cassa Depositi e nello stesso tempo cantare vittoria. Perché la politica non è meno colpevole, alla fine di tutta la storia, di chi si è fatto crollare il ponte. Se venisse certificato che la proprietà di Atlantia, che controllava Autostrade, pagava sostegni elettorali un po' a tutti, nessun magistrato avrebbe da ridire se la stessa politica da' nove miliardi per riprendersi la concessione in capo ad Autostrade?

Pare che all'origine del tutto ci sia un contratto super blindato. Domanda: ma era regolare quel contratto, in base al quale, ci raccontano, Autostrade deve essere pagata anche se viene cacciata per il più grave dei motivi? Ci sono avvocati che dicono che no, quel contratto non era regolare. E non credo siano dei visionari. Particolare non irrilevante: è stata la politica a sottoscrivere quel contratto. Dunque: grazie a Primocanale, voce solitaria, per la sua battaglia di verità che un po' stempera la mia amarezza di antico giornalista. Ma questa volta devo proprio dirlo: mi vergogno di essere italiano!