porti e logistica

Fondatore di uno dei più grandi gruppi nella logistica in Italia
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Tracciare la biografia imprenditoriale di Aldo Spinelli, che oggi festeggia il suo ottantesimo compleanno, è un’opera che rischia di sfiorare la monumentalità: dalla Palmi della sua infanzia, all’aziendina di trasporto legnami fondata nel 1963 fino all’attuale gruppo Spinelli, uno dei più grandi nella logistica in Italia, c’è una vita intera di lavoro, intuizioni e rischio.

Mattone dopo mattone, il commendator Spinelli
(che a Genova, con il suo probabile compiacimento, tutti chiamano 'sciù Aldo') ha costruito un impero fatto di sei terminal operativi, settecento dipendenti e seicento camion di proprietà. Un network che si distingue per la sua straordinaria efficienza (la banchina di Sampierdarena, acquisita negli anni novanta, è stata recentemente nominata come la più efficiente d’Italia) e per l’innovazione che l’ha sempre caratterizzato.

Sul piano imprenditoriale il nome Spinelli è immediatamente associato ai camion: nell’ultimo anno il suo Gruppo ha operato 200mila viaggi per un totale di oltre 42 milioni di chilometri percorsi. Eppure Spinelli è stato uno dei primi a comprendere come l’integrazione dei diversi sistemi di trasporto (la cosiddetta intermodalità gomma-ferro) fosse la chiave nella crescita della logistica. Oggi il suo ‘sistema’ si avvale di 3.500 treni l’anno che collegano i centri intermodali del suo Gruppo ai principali porti italiani.

Altro aspetto centrale nell’attività del Gruppo Spinelli
è la gestione dei container vuoti: la containerizzazione della merce ha rivoluzionato il mondo dei trasporti e Aldo comprese già in anni lontani l’importanza di rendere disponibile a un mercato la cui domanda è sempre in crescita container puliti e riparati. Questo è uno degli aspetti che hanno messo talvolta Spinelli in contrasto con le popolazioni locali: le pile di container, per quanto funzionali al mercato cui sono destinate, non piacciono ai cittadini.

E proprio all’operazione Erzelli, la collina utilizzata dal Gruppo come deposito, sono legate alcune controversie attorno al nome di Spinelli: acquisita negli anni '80, l’area è stata poi individuata dal sindaco Pericu per trasformarsi nell’attuale polo high-tech. Aldo, che su quell’area contava, fu oggetto di imponenti pressioni politiche fino al 2006, quando si decise a vendere. La cessione dell’area alla Genova High Tech gli fruttò 39 milioni di euro e molti in città rumoreggiarono che questo fu per lui un colossale affare: guai a Spinelli che ha sempre considerato scarso il guadagno (tra costi di acquisto, pavimentazione e manutenzione dell’area) e penalizzante la rinuncia a Erzelli sul piano operativo.

Da capitano d’industria Spinelli ha poi operato investimenti su altri terminal portuali (come il recente ingresso nel capitale di Salerno Container Terminal) e quello forse economicamente più rilevante (e rischioso) come azionista di Banca Carige. Quest’ultima operazione svela un’altra delle grandi passioni di 'sciù Aldo', il gioco d’azzardo: il suo impegno nella Cassa di Risparmio è stato forse alimentato proprio dalla sua proverbiale passione per il rischio economico, unita a quella generosità per la sua Genova che non è mai venuta meno neppure nel calcio (LEGGI QUI) e che gli è costata molte liti celebri.

Equidistante, ma con convinte puntate a destra e sinistra, il suo rapporto con la politica: era legatissimo a Claudio Burlando ma fu tra i primi a condividere il successo di Giovanni Toti. Si direbbe che gli è simpatico il potere e da imprenditore è difficile dargli torto. Ma ciò che di Aldo Spinelli ha sempre colpito è la sua personale, instancabile operatività: per quanto egli sia oggi uno degli uomini più facoltosi di Genova non è affatto raro vederlo scendere personalmente nel suo piazzale a fornire indicazioni ai dipendenti. Si tratta di un imprenditore che conosce a fondo tutta la catena operativa della sua azienda ed è questo che lo rende diverso da molti altri grandi industriali.

Per quanto il suo spirito sia ancora quello di un giovane affamato e i suoi ottant’anni siamo portati con l’energia di un ragazzino, il suo Gruppo può guardare al futuro senza ansie: da una parte c’è il sostegno garantito dai fondi d’investimento (che in futuro, si dice, potrebbero persino aumentare il loro peso nel capitale sociale), dall’altra c’è la spinta della sua seconda generazione, incarnata dal figlio Roberto. Sul piano pubblico i due non potrebbero essere più diversi, tanto istrionico il padre quanto schivo e riservato il figlio, ma nel lato professionale sono fatti della stessa pasta. Dura e coraggiosa.