C’è un famoso slogan degli anni settanta – ‘Il privato è politico’ - che ritorna in mente vedendo il film di Catherine Corsini il cui titolo originale è ‘La fracture’. Perché questa frattura attraversa non solo il rapporto tra le due protagoniste principali, Raf e Julie, ma l'intera società francese dal momento che la vicenda personale delle due donne è inserita all’interno della protesta dei gilet gialli, quel movimento spontaneo nato sui social network che a partire dal novembre del 2018 provocò in Francia scontri di piazza anche molto duri.
Il film si svolge effettivamente tutto in una notte quando Yann, un autista di camion che ha fatto 700 chilometri per sfilare sugli Champs-Elysées, rimane gravemente ferito a una gamba da una granata e viene portato al pronto soccorso. Qui contemporaneamente arriva Raf che cadendo accidentalmente in strada mentre inseguiva la compagna Julie che le aveva manifestato l’intenzione di abbandonarla per sempre, si è rotta un braccio. L’ospedale è già pieno di persone ferite dalla battaglia di strada e da lì il film non uscirà quasi mai, tra operatori sanitari in affanno per la carenza di personale (una capo infermiera è alla sua quinta notte di guardia nonostante il regolamento le proibisca di farne più di tre), soffitti che crollano e persone che muoiono nell’indifferenza generale: una situazione del sistema sanitario che diventa metafora della società francese, qualcosa di insostenibile cui lo Stato non sembra riuscire a dare una risposta.
Camera da presa a mano, urla e suoni delle sirene della polizia e dei vigili del fuoco creano una cornice realistica che trasforma l’ospedale in un crocevia in cui confluiscono tutte le tensioni. Tensioni che però la regista smorza spesso con toni ironici o francamente divertenti, affidati soprattutto al personaggio di Raf (Valeria Bruni Tedeschi con il suo consueto corollario di nevrosi e insoddisfazione) che mentre aspetta di essere visitata instaura con Yann un rapporto conflittuale mentre la compagna Julie distribuisce gocce calmanti negli occhi dei pazienti che hanno respirato i gas lacrimogeni.
E’ una notte che rimarrà nella memoria di tutti i personaggi che ne usciranno – almeno in parte - un po' trasformati. E la regia di Corsini, vivace e affannata, fa di questa vicenda di fratture sociali, fratture ossee e fratture sentimentali – al di là della schematizzazione dei personaggi – qualcosa di non banale. Una volta puliti gli occhi dalle emanazioni tossiche dei lacrimogeni, probabilmente tutti vedranno le cose molto più chiaramente, il che non rivoluzionerà le differenze e le disuguaglianze ma permetterà di fare un piccolo passo insieme verso il riconoscimento del diritto alla differenza e la percezione di un destino che dobbiamo curare attraverso il semplice atto della condivisione.
IL COMMENTO
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