
Perfido dissacratore dei luoghi comuni delle istituzioni americane, e quindi molto poco amato da Hollywood (per lui solo un Oscar alla carriera), il regista Robert Altman è stato il grande cantore di un cinema corale e provocatorio. E’ a lui che la Stanza del cinema dedica a Palazzo Ducale, lunedì 13 alle 17 presso la sala Borlandi della Società Ligure di Storia Patria, un incontro monografico nel centenario della nascita.
Ha saputo rappresentare una nazione e le sue contraddizioni
Nessuno come lui ha saputo rappresentare una nazione e le sue contraddizioni ed è forse il cineasta statunitense moderno che più di ogni altro si è avvicinato all’idea che era già stata degli scrittori della cosiddetta Lost generation – gli Hemingway, gli Scott Fitzgerald, gli Steinbeck, i Dos Passos ed altri ancora – di filmare il Grande Romanzo Americano. Due sono infatti le caratteristiche principali del suo cinema: la prima, più politica, è quella di scardinare i generi per creare, come ha scritto qualcuno, una nuova epica allegorica e provocatoria. Così per esempio in Anche gli uccelli uccidono (1970), uno dei suoi primi film, con la storia di un giovane che vuole costruire un macchinario che gli permetta di volare il genere fantastico diventa la metafora di una ribellione generazionale mentre il western nei Compari si trasforma in un attacco alle dinamiche sociali ed economiche del capitalismo. Il secondo elemento del suo cinema, più stilistico, è quello della coralità perché gran parte dei suoi più grandi e migliori film, da Mash (1970) che è stato il suo primo successo (Palma d'oro a Cannes) a Gosford Park (2001), passando per I protagonisti e America oggi, vedono un moltiplicarsi di personaggi e un continuo intrecciarsi di storie. Senza mai esprimere giudizi, senza mai ergersi a moralista.
'Nashville' il suo capolavoro
Altman, che è morto a Los Angeles il 20 novembre 2006, ha insomma raccontato l’America per 50 anni, inventando di fatto un nuovo cinema. In fondo, a testimoniarne la grandezza, basterebbe probabilmente il suo capolavoro assoluto, Nashville (1975), dove sceglie la patria della country music, il luogo mitico della fantasia di milioni di americani per ambientarvi un anti-musical, un grande affresco dei sogni infranti di una nazione, da quelli della gloria e del successo a quelli dei reduci del Vietnam. Un film che fu registrato in maniera assolutamente innovativa con piste sonore che si sovrapponevano l’una all’altra tanto che con i mezzi dell’epoca doppiarlo fu impossibile e uscì sottotitolato, evento allora assolutamente unico.
La giornata proseguirà alle 20.45 al TIQU – Teatro Internazionale di Quartiere di piazzetta Cambiaso con la proiezione in pellicola e in versione originale con sottotitoli in italiano de La fortuna di Cookie (1999) con Glenn Close e Julianne Moore.
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