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Nel settimo capitolo della serie si segue più o meno lo schema del capostipite
3 minuti e 4 secondi di lettura
di Dario Vassallo

Quasi un milione di anni fa, nel 1993, ‘Jurassic Park’ di Steven Spielberg scatenò due minacce sul pianeta. La prima, ovviamente, erano i dinosauri, poiché il film metteva in guardia gli aspiranti ingegneri genetici dalle conseguenze di giocare a fare Dio. Più sconvolgente, tuttavia, fu l'esplosione degli effetti visivi generati al computer, che sono stati abusati e utilizzati in modo improprio in ogni modo immaginabile da quando ci meravigliammo collettivamente di una mandria di brontosauri virtuali che avanzava maestosamente su un'isola tropicale. I sequel di ‘Jurassic’ non sempre sono stati all’altezza, illustrando spesso situazioni banali sottoponendo così un franchise da sei miliardi di dollari, uno tra i più redditizi di Hollywood, alla tirannia della computer grafica.

La trama

Nel settimo capitolo della serie, ‘Jurassic World – La rinascita’, Scarlett Johansson interpreta Zora, un'esperta di operazioni sotto copertura, reclutata da un viscido agente dell'industria farmaceutica, Martin, per un'operazione altamente segreta ed estremamente illegale. Cinque anni dopo gli eventi di 'Jurassic World: Dominion', e con l'interesse pubblico per i dinosauri in calo, gli animali ora risiedono solo lungo l'equatore terrestre, dove possono sopravvivere grazie alle temperature più elevate e alla maggiore ricchezza di ossigeno. Agli umani non è più consentito accedere a quelle regioni per la loro stessa sicurezza. Ma Martin pagherà milioni a Zora – e al suo braccio destro, un esperto capitano di barca – per infiltrarsi nella zona e recuperare il sangue di tre dinosauri che potrebbe fornire ingredienti chiave per farmaci salvavita. Insieme ad un paleontologo la squadra si imbarca in questa pericolosa spedizione, scoprendo che una delle isole di quell’area ospita dinosauri mutanti creati in un laboratorio che è stato presto invaso dalle mostruose creature. E a complicare gli eventi c’è una richiesta di soccorso da parte di una famiglia naufragata con la propria barca a vela.

Si segue lo schema del primo film della serie 

‘Jurassic world – La rinascita’ segue più o meno lo schema del primo film, una versione fedele all'originale anche se c'è un problema che non può risolvere. ‘Jurassic Park’ era una macchina semplice. Da allora il franchise ha sovrapposto quasi ogni volta sempre più elementi a quella relativa semplicità al punto che qui ci sono davvero troppi nodi da affrontare e sciogliere. Dopo che i precedenti avevano offerto spunti sulla tesi dello scrittore da cui è partito tutto, Michael Crichton, secondo cui il potere scientifico sarebbe stato mal gestito dall'arroganza dell'umanità, questo sequel – che include riferimenti ad altri blockbuster come ‘Indiana Jones’, ‘Star Wars’, ‘Lo Squalo’ e perfino ‘ET’ - si concentra sulla disuguaglianza di classe insita nella ricerca di fortuna delle grandi aziende farmaceutiche senza però riuscire a mettere a frutto le sue idee con efficacia.

Azione, sangue e immagini suggestive 

Poi ovviamente c’è tanta azione, tanto sangue, nuovi dinosauri e immagini suggestive e abbaglianti, momenti che ci ricordano l'insensata eccitazione che la serie ci ha regalato in passato se pure con risultati decrescenti. Ma quell'impronta gigantesca non è più così imponente come un tempo. Ciò che manca in definitiva è la lenta crescita e la tensione che i migliori film avevano nelle loro corde. Non abbiamo bisogno di vedere un T. Rex che fa a pezzi qualcuno per provare paura. Dobbiamo solo anticiparla, qualcosa che Steven Spielberg aveva padroneggiato ma che manca qui al regista Gareth Edwards. Così in definitiva non ci interessiamo ai personaggi e finiamo quasi per fare il tifo per i dinosauri. Insomma, credo che i cliché cinematografici riciclati, le trame prevedibili e i bambini carini uniti ai cuccioli di dinosauro non salveranno questo franchise. E forse è l’ora di lasciarlo estinguere.

 

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