Il regista Emmanuel Mouret è da sempre seguace di una certa idea di cinema francese che si nutre dei codici di una parte della Nouvelle Vague (Truffaut, Rivette ma soprattutto Rohmer) per raccontare storie quotidiane di amori passionali o confusi e di rapporti molto tenaci ma forse traditi. Ed è questa la strada seguita anche in ‘Tre amiche’ che affronta la complicata imprevedibilità della nostra esistenza tra piccoli innamoramenti e grandi malintesi tenendosi molto a distanza dallo zucchero e dalla sdolcinatezza insiti nel genere della commedia romantica ma raccontando piuttosto tutta una serie di piccoli accordi amorosi che non hanno nulla di nobile all’interno di quel grande labirinto emotivo che sono l'amore e la vita di coppia.
La trama
In bilico tra De Musset e Jane Austin, ‘Tre amiche’ ruota essenzialmente attorno al personaggio di Joan, un'insegnante d'inglese che confessa all’amica Alice di non essere più innamorata del marito, Victor. Non importa, si sente rispondere, lei stessa non è innamorata del suo compagno, Eric, e non ci vede un problema perché considera l'amore romantico un fastidio, un caos di emozioni in cui il più delle volte non si fa altro che soffrire. Vive serenamente la sua vita come una coppia stabile, gentile e affettuosa dove non succede molto, né di positivo né di negativo. Illudendosi di avere il controllo totale della situazione, non sa però che Eric ha una relazione segreta con la terza delle amiche, Rebecca, il che innescherà un effetto domino sotto forma di infedeltà, abbandoni, nuove relazioni, slealtà e colpi di scena tra amore, passione e affetto. Il tutto raccontato fin dall’inizio dal fantasma gioviale e bonario di Victor rimasto vittima di un incidente stradale dopo che ubriaco aveva saputo che la sua Joan non lo amava più.

Leggero e arioso, sottile e disinvolto
‘Tre amiche’ è un film pieno di luce e di sole. Anche nei momenti più complicati, il suo tono rimane leggero e arioso, sottile e disinvolto non perdendo mai un accento positivo nonostante le numerose infedeltà, i sensi di colpa, i tradimenti e le slealtà che racconta. Invece di soffermarsi sul dramma, sul senso di colpa o sui litigi generati da queste situazioni, la sceneggiatura se ne nutre e li usa per aprire una nuova gamma di eventi, creare nuovi colpi di scena e far procedere il film in modo così fluido e logico da sembrare quasi inevitabile. Le bugie restano nascoste, le rivelazioni non avvengono e non c'è una morale filosofica. Solo piccoli attimi di felicità, o semplicemente di gioia, rubati all'esistenza, incontri - anche fugaci - tra persone che non ne faranno nulla perdendosi nei meandri dell'amore, smarrendosi nei loro cuori sconvolti e tormentati.
Nessun giudizio morale sulle protagoniste
Quello che colpisce è come affronta un tema che di solito rimane sullo sfondo, come quello dell'amicizia contro le relazioni sentimentali. Quando cedere ai bisogni emotivi dell'altra persona? Chi dovrebbe cedere, l'amico o l'amante? Quale parte di sé dovrebbe prevalere, il partner o l'amico? Tutte queste questioni che potrebbero essere la base per un dramma alla Bergman qui vengono trasformate in una commedia dolce e piena di affetto per personaggi che di solito non prendono le decisioni più sagge. Mouret non risparmia alcun dettaglio quando si tratta di mostrarci il loro lato più mediocre ed egoista ma non cade nel giudizio morale perché sa bene come in tutti noi le ombre coesistano con la luce e che la gravità o la leggerezza della vita non dipendono da ciò che accade ma da come lo si affronta.
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