Cultura e spettacolo

Una dolorosa riflessione sulle miserie umane ambientata in uno sperduto villaggio della Galizia
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Già la ripresa al rallentatore che apre il film, con due uomini che catturano cavalli a mani nude per immobilizzarli a terra, evocazione di un'ancestrale tradizione locale, suona come un monito. E in effetti ‘As bestas’, ‘Come bestie’, dello spagnolo Rodrigo Sorogoyen, uno dei più interessanti registi iberici del momento, distilla fin dall’inizio una sensazione di minaccia permanente raccontando una storia feroce ed amara in parte dramma social-realista che parla di differenze di classe e xenofobia, in parte horror-noir rurale ma soprattutto western sotto mentite spoglie, un po' come lo erano ‘Cane di paglia’ di Sam Peckinpah o ‘Un tranquillo weekend di paura’ di John Boorman.

Ispirato ad una storia vera, racconta di una coppia francese, Antoine e Olga, che vive da un paio d’anni in un piccolo villaggio tra le montagne della Galizia praticando un'agricoltura eco-responsabile e ripristinando gratuitamente le case abbandonate per facilitare il ripopolamento. Ciò che prometteva di essere idilliaco prende però una piega diversa quando si rifiutano di firmare un lucroso progetto per la costruzione di turbine eoliche nel villaggio che permetterebbe a molti di trovare le risorse economiche per abbandonarlo e andare a vivere altrove. In particolare attireranno su di sé l’odio di due fratelli determinando una situazione che sfocerà in una vera e propria faida che farà uscire allo scoperto le bestie che sono dentro di ognuno di noi.

‘As bestas’ è un film sulla paura e il risentimento e sugli odi nazionalisti che esplora la natura violenta dell'essere umano, l'istinto di sopravvivenza in un ambiente ostile e lo scontro del concetto di giustizia con l'ordine costituito. Un confronto che vede da un lato, in questo miserabile villaggio galiziano sperduto tra le montagne, indigeni la cui vita senza orizzonti si limita a sognare un'impossibile fuga in città e dall'altro una coppia francese colta e idealista che ha scelto di andare in esilio in un posto sperduto per vivere lì il proprio amore in tutta tranquillità.

Il pregio maggiore del film è che non dimentica di esplorare le ragioni che portano ciascuno dei personaggi ad agire come agiscono tanto che il loro modus operandi non ci viene mostrato in modo moralmente migliore o peggiore. Così, la costruzione di antagonisti di cui si possono comprendere le motivazioni pone lo spettatore in una posizione di empatia nei confronti di personaggi francamente terrificanti, pieni di rabbia e frustrazione, alcuni dei quali lavorano una terra arida per pochi soldi e senza nessuna prospettiva. Ne vien fuori una dolorosa riflessione sulle miserie umane che Sorogoyen ci mostra attraverso una radiografia essenziale, sinistra e tutto sommato onesta di un contesto rurale molto identificabile, mostrandocene le luci ma soprattutto le molteplici ombre.