"Quando abbiamo proiettato l'anteprima al cinema Sacher di Roma mi sono camuffata e sono andata a vedere il film insieme ai giornalisti. Volevo studiare le reazioni e non c'è niente che mi rende più contenta di quando mi rendo conto attraverso che ciò che si vede sullo schermo funziona. Attraverso i sorrisi percepisco proprio il piacere di stare in sala".
Non nasconde la sua soddisfazione la genovese Federica Pontremoli, sceneggiatrice de 'Il sol dell'avvenire', l'ultimo film di Nanni Moretti in uscita domani nelle sale, che ha scritto insieme a Velia Santella, Francesca Marciano e allo stesso regista. Pontremoli, anche regista, autrice di script - tra gli altri - per Cristina Comencini, Soldini e Ozpetek, è alla quarta collaborazione con Moretti dopo 'Il caimano', 'Habmus Papam' e 'Tre piani'. Domani alle 21 sarà al cinema Corallo di Genova per introdurre il film che andrà poi il prossimo mese in concorso al Festival di Cannes ma anticipa a Primocanale un'esperienza che in realtà è durata alcuni anni: "Il percorso che ha fatto 'Il sol dell'avvenire' è particolare perché in realtà io, Moretti e Valia Santella abbiamo iniziato a scriverlo alcuni anni fa ambientandolo nel 1956 in corrispondenza della rivoluzione ungherese che è uno dei temi del film ma l'abbiamo accantonato perché non riuscivamo ad andare avanti, ogni tanto succede, e così ci siamo concentrati su 'Tre piani' che poi è uscito nel 2022 ma in realtà era pronto prima".
"Quando è scoppiata la pandemia, impossibilitati a frequentarci, vedendoci su Zoom lo abbiamo ripreso, un pò per sconfiggere la solitudine di stare ognuno nella propria casa e un pò perché Nanni ha una sorta di 'horror vacui', è una specie di vulcano in continuo sviluppo, non riesce a star fermo".
"E allora, in attesa dell'uscita di 'Tre piani' ci ha detto: perché non riprendiamo la storia dell'Ungheria ma facendone un film che sta dentro un altro film? Insomma, una specie di uovo di Pasqua dove all'interno si ritrova l'idea originaria nella quale abbiamo però seminato tante citazioni che ripercorrono la sua carriera".
Moretti interpreta il ruolo di un regista iscritto al Partito Comunista - un uomo che attraversa una situazione familiare complessa, tra i contrasti con la moglie e i complicati amori della figlia - ma in tutte le interviste che ha rilasciato non ha definito 'Il sol dell'avvenire' un film politico quanto piuttosto un atto d'amore nei confronti del cinema, quello che va sul grande schermo e non sulle piattaforme televisive. Ma com'è lavorare con Moretti?
"E' un lavoro assoluto, nel senso che si entra dentro una bolla e ci si rimane per un due, tre, quattro anni. E' lunga soprattutto la fase iniziale, ideativa e creativa. Una volta che abbiamo centrato il soggetto, l'idea originaria, il nucleo del film, quello che viene dopo è un pò più veloce. Le idee nascono strada facendo, ma ogni passo, ogni parola, ogni idea viene scritta insieme".
"Quindi è una una strada lunga, a volte anche faticosa perché scrivere in quattro contemporaneamente una battuta può essere divertente ma se - come accade - ognuno vuole dire la sua, e soprattutto lui che è molto esigente anche sulle virgole, diventa piuttosto complicato".
Che cosa dirà domani sera al pubblico del Corallo prima della proiezione del film? "Di goderselo, perché sembra una commedia ma in realtà all'interno ha tutta una serie di temi che secondo me riemergeranno dopo la visione. E' una specie di cofanetto a sorpresa che va assaporato lentamente, con un rilascio lento come si dice delle medicine. E' una chiave di lettura sul presente per affrontarlo nel migliore dei modi, tra ottimismo e gioia".
IL COMMENTO
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