Cronaca

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Raffaella Monaldi, che assiste l'ex direttore di tronco Aspi, "il progettista non rivelò mai il buco sulla pila". La legale aggiunge: "Le richieste pene ignorano quanto emerso nel dibattimento"
4 minuti e 26 secondi di lettura
di Michele Varì

"L'ingegnere Morandi non ha mai svelato che c'erano stati difetti sulle pile del Polcevera poi accertati sugli stralli della pila 9 nel 1991".

Lo ha detto l'avvocata Raffaella Monaldi che assiste Igino Lai, uno dei direttori del tronco autostradale di Genova imputati per la tragedia del 2018 costata la vita a 43 persone.

"L'ingegner Morandi - ha spiegato Monaldi -  non ha mai segnalato il difetto avvenuto nella costruzione del ponte di Genova, la conferma che quel buco sulla pila 9 causa del crollo non è un difetto occulto ma occultato. Il ponte non sarebbe crollato se fosse stato costruito in modo corretto, manca persino il giornale dei lavori, ed è incredibile".

Monaldi ha poi aggiunto: "Il mio assistito viene messo sotto accusa perché si è trovato a rivestire il suo incarico dopo il 1995 quando finisce l'intervento di ripristino della pila 11, data che evidentemente, come si evince da quanto scrivono i magistrati, è stato ritenuta dall'accusa uno spartiacque, chi arriva dopo deve risponderne davanti ai giudici, chi c'era prima no, come prova il fatto che il direttore compartimentale che c'era prima, Ruffino, dopo essere stato indagato è stato stralciato è stato rinviato a giudizio".

L'avvocata ha poi parlato del metodo di lavoro dei magistrati: "Le parole con cui le due memorie dei pm, quella iniziale e quella finale, descrivono il ruolo del mio assistito non cambiano. Questo significa che non si è tenuto conto di quanto emerso in tre anni di dibattimento".

L'avvocata ha poi spiegato come nel periodo di direzione di Lai, dal primo febbraio '94 al 31 ottobre '96, le informazioni sulle condizioni del Morandi non destavano preoccupazioni: "Dopo l'intervento sulla pila 11 era stato detto che la pile 9 era sicura e che il ponte, come era stato anche scritto, non presentava pericoli sino al 2030".

Monaldi ha parlato anche del fatto che i magistrati hanno detto che fidarsi delle prove riflettometriche equivaleva affidarsi all'oroscopo, "per il mio assistito però si trattava dell'oroscopo del giorno dopo visto che gli studi che mettono in dubbio le Rimt sono del 1996, quando Lai non c'era più, e infatti le riflettometriche erano usate da tutti i grandi gestori di opere e Anas pretendeva che fossero effettuate per verificare i viadotti Magliana e Carpineto". 

Dopo Monaldi ha parlato Alessandro Di Giovanni, avvocato che difende Nicola Spadavecchia, il direttore del Primo tronco che subentrò dopo Lai e rimase in carico dal 1996 al 2001: "Quando c'era il mio assistito la direzione del tronco era solo operativa che non si interessava alle opere d'arte di cui non aveva competenza. Spadavecchia è stato un poì tirato per il colletto dall'accusa che a mio avviso è stata indotta dal senno del poi, ossia è chiaro che analizzare un evento dopo che è accaduto è facile dire quanto bisognava fare per evitarlo. In ambito giuridico non è così. Spadavecchia ha svolto quel compito quasi ventìanni prima quando il crollo era un rischio impensabile in quegli anni e la prova ce l'abbiamo: il ponte è crollato vent'anni dopo".

L'ultimo ad intervenire è stato l'avvocato Massimo Pellicciotta che difende un altro ex direttore del tronco imputato, Agostino Chisari, che ha rivestito quell'incarico dal maggio 2001 all'ottobre 2003, ossia di 951 giorni.

"Non è facile intervenire per difendere un imputato di una tragedia in cui sono decedute 43 persone e che ha colpito tutta la città, ha colpitol anche tutti voi giudici. Ma l'emozione non deve mai prendere il sopravvento perchè fa perdere la lucidità. Mi ha colpito tanto quanto sentito in apertura del processo quando il pm citò le persone morte, dicendo che era giusto pronunciare i nomi, ma non è vero come disse il pm che quello è il momento centrale del processo perchè il punto vero del processo è stabilire le responsabilità dell'imputato. Dunque ritroviamo la lucidità e andiamo avanti. Noi non possiamo farci condizionare dalle emozioni. Io critico l'impostazione delle procura, che ha indagato tutti coloro che hanno avuto un ruolo, ritenuti responsabili senza contare il tempo passato dal loro tempo al crollo. Il movente non è nel capo di imputazione, è per il pubblico, per creare stato di emozione. Il movente se fosse vero equivarrebbe a dire che a Genova c'era una organizzata associazione nata vent'anni fa per commettere quelle omissioni. Ma questa impostazione non è vera, perchè non ci sono i mandanti. A mio avviso c'è tanto fumo negli occhi perchè sennò non si capisce perchè solo a Genova si commettono reati che invece gli stessi lavoratori non hanno commesso quando hanno lavorato su altre tratte".

"Qui ho sentito parla di stipendi degli imputati, e allora dico che lo stipendio di Chisari non è quello del pubblico ministero - riprende Pellicciotta -. Poi mi sarei aspettato che gli indagati ci fossero anche persone decedute. Perchè gli errori di costruzione sulle pile non li ha fatti Chisari. E mi chiedo come mai nessuno ha chiesto all'ingegnere Pisani perchè avete fatto quello e non questo. Omissioni che vennero commesse quando Chisari aveva la braghe corte. Ma si è preferito andare dietro la propria teoria tralasciando di indagare su altre ipotesi. Gli inquirenti hanno definito la memoria difensiva di Chisari un monologo, comunque molto più esiguo delle lunghe memorie dei pm. Parliamo poi delle mansioni che devono svolgere la direzione di tronco, il direttore di compartimento non aveva compito di garantire sicurezza del ponte ma del traffico autostradale e non aveva obblighi di manutenzione sulle opere d'arte. La direzione di tronco non aveva neppure la possibilità di programmare la manutenzione ordinaria perchè questo spettava all'Unità tecnica di Aspi a Roma".

In aggiornamento

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