Cronaca

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L'avvocata Gabriella Martin in otto punti le "falle" dell'accusa
2 minuti e 21 secondi di lettura
di Annissa Defilippi

Otto punti in cui l'avvocata Gabriella Martin ha smontato le "falle"dell'accusa nei confronti di Anna Lucia Cecere, l'ex insegnante indagata per avere ucciso la segretaria Nada Cella il 6 maggio 1996 a Chiavari, per la difesa "non ha commesso il fatto". E non può diventare "un capro espiatorio perché il clamore e l'indignazione" portano "alla necessità di trovare un colpevole".

La "falle" dell'impianto accusatorio secondo la difesa

Oggi ha iniziato a parlare l'avvocata Gabriella Martin che con il collega Giovanni Roffo difende la principale imputata. In otto punti, la legale ha mostrato le "falle" dell'impianto accusatorio: dalla mancanza di rapporti con Cella, a quelli inesistenti con Soracco, dalla mancata presenza sul luogo del delitto, la falsa fuga da Chiavari, alla disponibilità economica per il lavoro, passando dalla personalità, la mancanza di movente fino alla prescrizione. "Cecere chiedere di poter tornare a vivere libera da una accusa che non le appartiene. Chiede la libertà di una donna innocente".

"È doveroso individuare non una verità - ha sottolineato la legale - ma la verità. E la verità si fonda su certezze. Invece in questo processo sono emersi elementi confusi e che non vanno oltre il ragionevole dubbio. Ci vuole la verità che rende giustizia. Invece qui c'è un racconto psicologico. Le emozioni, per quanto umane, non possono sostituirsi ai fatti, alle prove, alla verità. Non esiste prova certa come non ci sono indizi precisi e concordati che individuino Cecere come autrice reato, direttamente e neppure indirettamente". Secondo la difesa, le due donne non si conoscevano. Non c'era una relazione neppure nascosta con Soracco. Cecere "non viene collocata sul luogo del delitto da nessuno e anche il bottone trovato sulla scena del delitto è diverso da quelli che le trovarono in casa. E poi quel giorno stava andando a lavorare a Santa Margherita". Era Nada "che era stressata e non voleva stare in quello studio perché era successo qualcosa di serio". L'ex insegnante lasciò Chiavari "non per scappare da chissà cosa. Voleva iscriversi all'università e le mancava l'ultimo anno integrativo per avere il diploma quinquennale". Il 4 dicembre parlerà l'altro difensore, poi il 18 è prevista la sentenza.

Nel mirino la criminologa che fece riaprire il caso

Andrea Vernazza, il legale che assiste proprio Soracco, imputato per favoreggiamento, ha parlato per prima puntando il dito contro la criminologa che ha fatto riaprire il caso, Antonella Delfino Pesce: “Rispetto la memoria di Nada, comprendo che la madre (Silvana Smaniotto, ndr) abbia fatto tutto il possibile per far riaprire l'inchiesta. Ma le prove raccolte dalla criminologa Antonella Pesce Delfino (ingaggiata proprio dalla famiglia Cella, ndr), descritta dal pm come l’eroina del processo, sono illegittime perché si era presentata come una studentessa, non come una persona che stava svolgendo indagini. Soprattutto, il mio assistito non si è mai prodigato per alterare la scena del delitto o per coprire Cecere, che lo odiava”.

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