Cronaca

Udienza rinviata al 25 febbraio perchè giudice deve sciogliere riserva presentata rispetto la tardività dell'iscrizione dei medici sul registro degli indagati
5 minuti e 1 secondo di lettura
di Michele Varì

E' stata rinviata al 25 febbraio l'udienza preliminare del gip Carla Pastorini che dovrà decidere se mandare a processo come richiesto dalla procura o se invece prosciogliere cinque medici del pronto soccorso di Lavagna indagati per la morte di Camilla Canepa, la studentessa di 18 anni di Sestri Levante deceduta il 10 giugno 2021 dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca.

 

L'avvocato Savi: "I medici hanno fatto quello che dovevano fare"

"La decisione di rinviare l'udienza - spiega a Primocanale a fine udienza l'avvocato Stefano Savi che difende uno dei medici - è stata presa perchè il giudice deve sciogliere la riserva sull'eccezione che abbiamo sollevato sulla tardività delle iscrizioni nel registro degli indagati, gli indagati sono stati sentiti come testimoni, le domande che gli sono state fatte riguardavano già una polarizzazione delle indagini e iscritti poi successivamente e questo comporterebbe degli effetti processuali a cascata per tutto quello fatto dopo" .

Si ipotizza che la decisione se rinviare a giudizio i medici potrebbe essere presa dal gip a marzo anche se i tempi dipendono da più fattori, tecnicismi processuali. 

"La nostra linea difensiva - spiega ancora Savi rispondendo a una precisa domanda - è che tenuto conto delle circostanze e della situazione organizzativa dei reparti e delle informazioni che i medici avevano, gli stessi, in particolare il mio assistito, hanno fatto tutto quello che c'era da fare. Anche se le linee guida in essere in quel momento non erano state loro comunicate i medici hanno fatto tutto quello che c'era da fare, purtroppo non è valso a evitare quello che è successo, ma responsabilità professionali io non ne vedo".

 

Quelle dimissioni non rinviate

Una delle contestazioni ai medici è stata quella della dimissione della ragazza la prima volta che era andata in ospedale per cefalee e altri sintomi: "Il mio assistito ha insistito e fatto sì che si fermasse ancora una notte per essere controllata adeguatamente e questo io credo non era così pacifico".

L'AstraZeneca in quel momento non era consigliata per le ragazze giovani, questo apre tutto un altro scenario che è stato affrontato dalla procura e ritenuto non sufficientemente provato sotto il profilo delle responsabilità ma la ricaduta di tutto questo nel processo qualche riflessione ce la farà fare".

 

I medici sono difesi oltre che da Stefano Savi anche dagli avvocati avvocati Paolo Costa, Alessandro Torri, Maria Antonietta Lamazza e Alberto Caselli Lapeschi, oggi sostituito dall'avvocato Piero Casciaro, che a fine udienza ha detto che proveranno in udienza quanto dicono da sempre "ossia che le accuse mosse ai medici non reggono".

Le indagini del Nas

La ricostruzione della tragedia è stata effettuata dai carabinieri del Nas: la ragazza il 5 giugno venne trasferita d'urgenza al San Martino con la diagnosi di "vitt", una rarissima trombosi cerebrale associata a livelli di piastrine basse e scatenata proprio dall'iniezione di soluzioni a base adenovirale come appunto AstraZeneca e Johnson & Jonhnson. Dopo cinque giorni la morte e l'inizio di una lunga indagine sulle presunte negligenze e mancato rispetto del protocollo terapeutico elaborato dalla Regione Liguria.

In aula oggi c'erano anche la mamma e la sorella della vittima, ancora stordite dal dolore per la morte di Camilla, rinchiuse nel loro dolore e che non hanno voluto parlare con i giornalisti. Mamma e sorella in quanto parte lesa hanno avviato un procedimento in sede civile, oggi invece nel processo penale si è costituto come parte civile lo zio della ragazza.

Ecco le accuse formulate

Quattro sono accusati di omicidio colposo, perché allora, sostiene la Procura, non avevano eseguito le procedure previste dalla Regione in caso di "vitt". Secondo l’accusa, se il protocollo fosse stato seguito correttamente "con elevata probabilità avrebbe consentito alla paziente di sopravvivere". Tutti e cinque gli indagati sono poi accusati di falso perché nelle cartelle non hanno scritto che la ragazza si era vaccinata contro il covid.

I due ricoveri e il decesso

Camilla Canepa si era vaccinata volontariamente a Chiavari il 25 maggio 2021 in uno degli open day promossi dalla Regione dopo l’autorizzazione del Cts. Il 3 giugno va andata una prima volta in pronto soccorso a Lavagna, manifestando cefalea e fotofobia. Dopo essere stata sottoposta a una Tac cerebrale (senza liquido di contrasto come da protocollo) ed a un esame neurologico, entrambi risultati negativi, era stata dimessa.

Il trasferimento e la morte


Il 5 giugno però nuovi malori e il ritorno in pronto soccorso con deficit motori ed esami che rivelano la problematica. Poi il trasferimento a San Martino di Genova e il tutto per tutto da parte dei medici per salvarle la vita. Ma è tardi, il 10 giugno il decesso.

"Mancato rispetto del protocollo"


A chiusura delle indagini, lo scorso marzo, la Procura aveva diffuso un comunicato in cui si legge che "a quattro degli indagati è contestato il reato di omicidio colposo. In particolare, si contesta loro di non avere provveduto, in occasione dell’accesso della ragazza al Pronto Soccorso nella serata del 3 giugno 2021, all’effettuazione di tutti gli accertamenti diagnostici previsti dal protocollo terapeutico elaborato da Regione Liguria per il trattamento della sindrome da Vitt (Vaccine-induced immune thrombotic thrombocitopenia), che aveva colpito la ragazza dopo l’infusione della dose vaccinale".

"La paziente poteva sopravvivere"


Per i pm Francesca Rombolà e Stefano Puppo titolari dell'inchiesta: "L’esecuzione di tali approfondimenti avrebbe consentito (secondo l’ipotesi accusatoria, da sottoporre al vaglio di un giudice terzo) di formulare la corretta diagnosi della patologia insorta e di adottare tempestivamente il trattamento terapeutico che, con elevata probabilità, avrebbe consentito alla paziente di sopravvivere. A tutti gli indagati è contestato anche il reato di falso ideologico per non avere attestato, nella documentazione sanitaria, che la ragazza era stata sottoposta a vaccinazione anti covid-19".

La consulenza: "Camilla non era malata"


Dall'autopsia disposta dalla procura era emerso che Camilla "non aveva alcuna patologia pregressa e non aveva preso alcun farmaco". E che la morte per trombosi era "ragionevolmente da riferirsi a un effetto avverso da somministrazione del vaccino anti Covid". A quattro di loro è contestato il reato di omicidio colposo.

 

 

 

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