GENOVA - Il ministero delle Infrastrutture al tempo stesso parte civile ma anche responsabile civile nel processo bis nato dopo il crollo del Morandi. Da un lato, dunque, potrà ottenere il risarcimento ma dall'altro dovrà anche pagarlo, nel caso di condanna dell'imputato dipendente pubblico.
La doppia veste del Mit è stata decisa oggi dal giudice Alberto Lippini nel corso dell'udienza preliminare. Oltre al ministero sono stati ammessi come responsabili civili le due società Aspi e Spea e Anas. All'udienza precedente il giudice aveva ammesso come parti civili solo il Comune di Genova e quelli della Valle Stura e Cogoleto, oltre al Mit. L'inchiesta, che vede 47 imputati, era partita dopo il crollo e riguardava i falsi report sullo stato dei viadotti, le barriere antirumore pericolose, il crollo della galleria Bertè in A26 (30 dicembre 2019) e il mancato rispetto delle norme europee per la sicurezza nei tunnel.
Per 12 di loro la procura ha proposto il patteggiamento. Le accuse, a vario titolo, sono falso, frode, attentato alla sicurezza dei trasporti, crollo colposo. Tra gli indagati l'ex Ad di Aspi Giovanni Castellucci, gli ex numeri due e tre di Autostrade per l'Italia Paolo Berti e Michele Donferri Mitelli e Stefano Marigliani, ex direttore di tronco della stessa azienda, tutti imputati al processo sul crollo del viadotto Morandi. Archiviato il reato di omissione di atti d'ufficio. Secondo gli investigatori della Guardia di finanza, coordinati dai pm Stefano Puppo e Walter Cotugno, i tecnici di Spea ammorbidivano i rapporti sullo stato dei ponti per evitare i lavori.
Era stato scoperto, inoltre, che le barriere fonoassorbenti montate su alcuni tratti autostradali erano difettose e si erano staccate causando problemi agli automobilisti. Uno degli indagati aveva anche detto al telefono che erano "attaccate con il Vinavil".
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