GENOVA -I 360 testimoni della difesa sono troppi e così la ripartenza del processo Morandi per la tragedia che ha causato la morte di 43 persone, dopo la sosta di due settimane, è stata contrassegnata dal dialogo fra le parti per tagliarne il numero.
Il primo passo è arrivato dagli avvocati dei 58 imputati disposti a rinunciare a 100/130 testimoni in cambio di un calendario di udienze più snello, con tanto di taglio delle sedute della prossima settimana.
Il presidente del collegio giudicante Lepri si sarebbe detto, ovviamente, molto interessato alle trattative, che sono state intensificate subito dopo la fine dell'udienza. Obiettivo, pare di tutti, sentire i testi, a questo punto intorno ai 230, con le udienze del prossimo anno, dal 9 gennaio ed entro fine marzo.
Nei dettagli a rompere gli indugi è stato per primo Nicola Santi, il legale che difende l’ex numero tre di Aspi Donferri Mitelli, che ha annunciato che rinuncerà a un centinaio di testi che aveva inserito nella sua lista. Lo segue subito dopo anche l’avvocato Giovanni Ricco che rinuncia a una ventina di testi.
Dopo i testi delle difese ci sarà spazio ai tecnici, periti e consulenti che punteranno a spiegare le cause del crollo.
Per le difese la tragedia è stata provocata da un vizio occulto del ponte non prevedibile dalle attività di sorveglianza che veniva svolta regolarmente. Per i pm invece i sorveglianti sapevano da trent'anni che la pila nove crollata era a rischio, lo dovevano sapere dopo il rifacimento e la messa in sicurezza della pila 11 negli anni '90.
Con questi tempi abbreviati di due mesi si spera entro l’estate di arrivare alle requisitorie della procura che produrrà anche una seconda cospicua memoria sul processo a cui sta lavorando nel suo ufficio al nono piano del tribunale il pm Massimo Terrile. Calcolando i tempi per le conclusioni da parte degli avvocati dei 58 imputati si può immaginare di arrivare a sentenza entro la fine dell’anno, o nei primi mesi del 2025, cinque o sei anni dopo la tragedia.
L'udienza di oggi ha confermato le grandi difficoltà a convocare i testi da parte degli avvocati difensori. Tre dei cinque convocati infatti non sono riusciti ad arrivare in aula: un teste si trova all'estero, un altro non ha ritirato la raccomandata di convocazione, un terzo depennato dalla lista dagli stessi avvocati, decisione però respinta dai pm Cotugno e Airoldi.
Alla fine in aula i due testi, Campedelli e Vecchi, entrambi a difesa di Paolo Nebbia, dirigente Spea.
I loro interventi, sui temi del monitoraggio e della sorveglianza delle opere autostradali, non sono stati esplosivi: Mario Campedelli (foto in alto), geometra in pensione di Spea, che ha lavorato come direzioni lavori con Nebbia dal 1968 al 2013, per 45 anni, con esperienze in Algeria e Turchia, rispondendo alle domande dell'avvocato Amoroso ha detto che non ha mai avvertito pressioni da parte di Autostrade, svelando che per i controlli delle strutture di cemento precompresso utilizzavano una misteriosa "macchina del vuoto" capace di intercettare eventuali buchi nelle strutture poi curati con iniezioni di resine. Campedelli, che non ha mai lavorato sul Morandi, ha lavorato sui viadotti della Bologna-Firenze, e a riferito anche che fra le tecniche diagnostiche c'erano le radiografie, come era invece stato smentito in aula perché i raggi x erano ritenuti pericolosi per la salute dei tecnici.
Il secondo teste ascoltato in aula a difesa di Nebbia, Andrea Vecchi (foto in basso), ingegnere ferroviario di Rfi, ha ribadito che i controlli sulle strutture ferroviarie vengono effettuati anche con i binocoli, come avveniva anche per il Morandi, e che l'utilizzo dei droni era stato sperimentato dal 2016 in poi, aggiungendo - su specifica domanda dell'avvocato -, delle grandi limitazioni dei sorvoli delle aree vicine agli aeroporti, come appunto il viadotto Morandi.
IL COMMENTO
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