Cronaca

Le anticipazioni dell'udienza di oggi che sarà dedicata alle dichiarazioni spontanee condensate di un dossier difensivo di oltre 200 pagine dell'imputato responsabile della manutenzione del viadotto degli anni '90, "ai mie tempi nessun degrado evidente"
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GENOVA - "Prima del crollo su una pila c'era una frattura visibile con i binocoli ma mai vista...".

E' una delle rilevazioni più forti, con tanto di immagine probabilmente ritoccata, che emergono dal dossier difensivo dell'imputato Gabriele Camomilla, ingegnere allievo di Morandi, il tecnico che dall’'86 al 2004 è stato - prima di Donferri Mitelli - direttore centrale delle Manutenzioni per Autostrade per l'Italia.

Oggi al processo per la strage di ponte Morandi dopo gli imputati che hanno accettato di farsi interrogare è il suo giorno, il giorno del primo imputato che rilascerà dichiarazione spontanee. Camomilla potrà parlare senza essere interrotto, le parti potranno intervenire solo dopo di lui. Dirà anche che sulla pila crollata dalle prove riflettometriche, ai suoi tempi, negli anni '90, non c'era l'evidenza che fosse da rifare "e scovare gli ammaloramenti del ponte con scassi non era pensabile visto che bisognava fare carotaggi sull'intera strutta con l'effetto di indebolirla...".

Prima del crollo, invece, sempre a detta di Camomilla come si legge a pagina 183 del dossier, sulla pila c'era una fessura visibile anche con i binocoli che Spea usava per le verifiche. L'imputato mostrerà una foto della pila però evidentemente ritoccata, il motivo di questa immagine  forte lo spiegherà in aula. 

Camomilla è l’uomo che per ben 18 anni aveva il compito di "curare" il viadotto Polcevera malato quasi dalla nascita, e dal 1991 al 1993 aveva seguito tutti i lavori di consolidamento della pila 11 con l’aggiunta di 54 cavi di acciaio dalla sezione di dieci centimetri.
Se si fossero rafforzate anche le pile 9 e 10 – lo hanno scritto le conclusioni dell'accusa –, come previsto dal progetto di retrofitting, il ponte non sarebbe crollato.

L'ex dirigente di Aspi oggi parlerà per l'intera udienza, forse anche domani, si ipotizza che possa tenere il pallino per sei o sette ore, tanto impiegherà ad illustrare con l'aiuto delle immagini ai giudici Paolo Lepri, Ferdinando Polidori e Fulvio Baldini la sua dettagliata linea difensiva fitta di dati tecnici, grafici e foto e scritta in modo didascalico, con tanto di riassunti per renderla comprensibile a tutti. Duecentodiciassette pagine che sono quasi la risposta alla gigantesca memoria presentata dai pm alla vigilia dell'anno scorso elaborata grazie a periti e le indagini della guardia di finanza.

Camomilla vuole dimostrare che lui ha fatto quello che doveva e altri no. Per questo le sue dichiarazioni fanno paura a tanti, perchè lui sa tante cose e ha già dimostrato nelle prime fasi del processo di non temere nessuno, compreso l'imputato principale e i dirigenti di Spea, la società che avrebbe dovuto controllare ponte e Aspi e invece non lo faceva.

Camomilla oggi parlerà da tecnico, da ingegnere, snocciolando numeri e grafici, elaborando calcoli. Obiettivo: difendersi senza bisogno di un perito, di un consulente. Come a dimostrare che non ne ha bisogno perchè lui sa di cosa parla, lo ha sempre saputo. La prima volta che ha parlato con i giudici, dopo il crollo, quando fu uno dei pochi indagati a chiedere di farlo, su alcune tematiche confermò la teoria dei pm Massimo Terrile, Walter Cotugno e Marco Airoldi: “Castellucci (ex ad di Autostrade per l'Italia ndr) ogni volta mi chiedeva se si poteva spendere meno. Non sapeva niente di autostrade, guardava solo i bilanci. Quando la società era in mani pubbliche, problemi di costi non ce n’erano. Io sostenevo che la manutenzione dovesse essere un’attività continua per prevenire le criticità anche con molto anticipo. Per Castellucci, invece, se in un dato momento storico l’opera non presentava problemi, i costi di manutenzione erano da ridurre. La sua politica, non solo nelle manutenzioni, era sempre orientata al massimo risparmio dei costi e al massimo degli incrementi utili. Non è che si preoccupasse se il viadotto Polcevera, venti anni dopo, sarebbe crollato oppure no”. Per le sue affermazioni e posizioni, si disse, che lo stesso Castellucci lo prepensionò.

Nella sua memoria l'imputato riabiliterà il metodo riflettometrico, controlli svolti sul ponte con impulsi elettrici che dovrebbero svelare il livello di degrado dei cavi nascosti nel cemento precompresso. Una tecnica diagnostica che per la procura non sarebbe attendibili e per questo quasi nessuno al mondo la applica.
Poi Camomilla ripercorrerà la sua storia, la sua vita, dentro Aspi e i controlli del viadotto Polcevera non facili anche per mancanza di direttive chiare, che sono arrivate solo dopo il crollo: parlerà dei primi sulle pile strallate degli anni '90, "trovammo tre trefoli secondari rotti, non erano preoccupanti per stabilità, come non lo sono stati 40 trefoli in meno nella pila 11". Racconta poi come sulla carreggiata del Morandi ci fossero pochi spazi per operare, "solo due corsie senza l'emergenza, per questo fu modificato il bordo del viadotto per recuperare 50 centimetri e per installare bordi capaci di impedire l'uscita di strada dei mezzi". Il Morandi - dirà ancora Camomilla, era un ponte incastrato nella città dove non c'era spazio per affiancarne un altro, anche per questo Autostrade progetta di fare approvare una bretella fra Voltri e Rivarolo.

Parlerà, l'imputato, anche delle prime sorveglianze di Zannetti, responsabile dell'Uts, uffici tecnici speciali di Spea, che già nel 1975, evidenziavano il degrado del calcestruzzo. Una relazione con
lo scopo di disporre la priorità gli interventi sul viadotto Polcevera ritenuti necessari. Interventi che però non sono mai stati effettuati portando così il ponte al collasso del 14 agosto 2018 che ha provocato la morte di 43 persone e ad indagare 58 persone fra tecnici di Autostrade per l'Italia, di Spea, del Ministero delle Infrastrutture e consulenti esterni.

 

 

 

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