GENOVA - Al processo per il crollo di ponte Morandi nella seconda udienza dedicata all'esame dell'ex Amministratore delegato di Spea Antonino Galatà a tenere banco tra gli avvocati dei 58 imputati è però l'attesa udienza di lunedì prossimo, il giorno delle dichiarazioni del dirigente di Autostrade Gabriele Camomilla, uno degli imputati eccellenti, ex responsabile delle manutenzioni che nel 1992 si era occupato del rifacimento della pila 11 mentre sulla pila 9, quella che ha provocato la tragedia 25 anni dopo, allora vennero semplicemente applicate resine speciali per "rallentare i processi di degrado". Degrado che, dunque, tutti avevano riconosciuto essere già in atto ma nessuno è stato in grado di fermare (nella foto il presidente del collegio giudicante Paolo Lepri e il disegno del progetto di allora)
Camomilla, oggi ottantenne, sarebbe intenzionato a dire tutto e attaccare coloro che lui ritiene i veri responsabili della tragedia costata la vita a 43 persone.
Detto che la situazione processuale di Camomilla, a dire dell'accusa, sarebbe molto pesante, proprio per la sottovalutazione delle condizioni della pila 9, l'attesa per le sue dichiarazioni è tangibile fra i legali degli altri imputati: l'ex responsabile delle manutenzioni che ha poi lasciato posto a Donferri Mitelli, altro imputato importante, dovrebbe parlare per almeno sei sette ore e non potrà essere interrotto.
Oggi in aula ha invece parlato l'imputato di Spea Galatà che ha svelato come l'arroganza dell'imputato Donferri Mitelli nel 2016 fece ritardare il progetto di retrofitting perchè il progettista di Aspi Bernardini, stufo di essere offeso, si fece da parte e fu sostituito da Giacobbi e De Angelis.
Galatà, difeso dagli avvocati Francesco Tagliaferri e Roberta Boccadamo, ha sottolineato che il Morandi era il ponte più attenzionato d'Italia e svelato le tante interferenze di Autostrade, ingerenza soprattutto di due imputati, Berti e Donferri, che lo avevano portato al limite della saturazione. Da qui Galatà chiese al suo sottoposto Vezil, altro indagato, di registrare le riunioni per denunciare le interferenze alla capogruppo "Atlantia".
La grande tensione che si respirava nelle due aziende è confermata in un messaggio su Whatsapp evidenziato dall'accusa, ma non acquisita agli atti, tra l’allora Ad di Aspi Castellucci e Berti, in cui quest’ultimo definiva Galatà “un cane sciolto”.
IL COMMENTO
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