Cronaca

L'ingegnere genovese, che ha rivestito ruoli dirigenziali per 21 anni, avrebbe avallato ogni ordine dei dirigenti di Autostrada per l'Italia per non far trapelare il reale degrado del ponte. Dai suoi audio sono nati due filoni dell'indagine bis
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GENOVA -Dopo i tre giorni di interrogatorio del numero tre di Aspi Michele Donferri Mitelli, oggi, 20 novembre, il processo per la tragedia di ponte Morandi riprende con l'interrogatorio dell'ingegnere genovese responsabile dei servizi di Spea, l'ingegnere Marco Vezil, imputato per avere avallato il monitoraggio del viadotto che in realtà avveniva senza il rispetto delle normative.

Vezil, sempre presente alle udienze del processo, è passato alla storia dell'indagine come la "spia" perché non si fidava di colleghi e superiori e per questo nel 2017 ha registrato con il cellulare le riunioni con i vertici di Spea e di Autostrade per l'Italia e alcuni colloqui con i colleghi.
Si dice che per questo comportamento ritenuto non corretto sia stato licenziato da Spea, anche se ufficialmente la fine del rapporto di lavoro con la società di ingegneristica è stata motivata dal suo operato, definito "insufficiente".

Gli investigatori della guardia di finanza invece dovrebbero ringraziare Vezil: dalle sua registrazioni sono stati acquisti molti elementi utili all'inchiesta ed è nata l’indagine bis sui falsi report dei viadotti ed anche il filone sulle barriere fonoassorbenti difettose.

Vezil ha rivestito ruoli dirigenziali in Spea per quasi 21 anni.
Responsabile dell'ufficio Ufficio Tecnico di Sorveglianza Autostradale (Utsa) del 1° Tronco di Genova dal 15 ottobre 1997 al 30 novembre 2017, è stato responsabile dell'ufficio Coordinamento Direzione Lavori dal 6 dicembre 2011 al 31 ottobre 2016, e poi ancora dall'1 dicembre 2017 al giorno del crollo responsabile dell'ufficio di Spea Funzione Centrale Servizi Esercizio.

Vezil è il tecnico che dal 2.5.2016 ha trasmesso ad Aspi (agli uffici tecnici centrali e alle Direzioni di Tronco), i report di ispezione trimestrali ed annuali; compito che prima di lui era svolto da un altro indagato, Giampaolo Nebbia. Relazioni per gli inquirenti non corrispondenti alle reali condizioni di degrado delle strutture.

Per i pm Vezil è anche la persona che si presta, nel settembre 2010, unitamente al suo collega Casini, a firmare, su richiesta espressa di Castellucci e tramite Galatà e Nebbia, una relazione predisposta e corretta da Malgarini in cui si attesta che sul viadotto Polcevera non esiste il benché minimo problema strutturale.
Relazione che Castellucci illustrerà poi ad Aspi per spiegare perché sugli stralli bastava
una mano di vernice, un ripristino conservativo, poi rinviato ma pure quello mai eseguito.

Fra le contestazioni a Vezil c'è una email del 2003, 15 anni prima del crollo, che riceve insieme a Maurizio Ceneri (dirigente dell'Ufficio Collaudi e controlli di Spea), da Giampaolo Nebbia, dirigente di Spea, in cui si evidenziano le preoccupazioni di Mauro Malgarini, direttore ufficio manutenzione opere strutturali Aspi.
Nella email che avrebbe dovuto fare focalizzare l'attenzione sul degrado del Morandi si legge tra l’altro:
"Il vero problema che pone Malgarini è il seguente:
il viadotto Polcevera è l'opera più importante della rete;
la sua altezza è tale che una ispezione dal basso potrebbe fornire indicazioni limitate;
molto raramente è stato visto con il by bridge;
è già stato oggetto di un importante intervento di ripristino per obsolescenza della
struttura;
c'era fino a qualche anno fa un monitoraggio strumentale che oggi non esiste più".

Per i pm Terrile, Cotugno e Airoldi questa mail è di importanza fondamentale perché evidenzia e documenta, in termini inequivoci, alcune consapevolezze esistenti, quanto meno nel 2003, all'interno di Autostrade per l'Italia e di Spea.

Come emerso dalle indagini e dall'udienza del processo dell'aprile scorso Spea Engineering Spa era talmente assoggettata ad Autostrade per l'Italia che se qualcuno provava ad andare contro corrente veniva emarginato.
Si spiega così l'epurazione di un ispettore, Carlo Casini, che fino al 2015 si occupava di sorvegliare le strutture del nodo autostradale di Genova che solo per il fatto di avere segnalato delle anomalie sul Morandi era stato trasferito in Valle d'Aosta. Una pulizia "etnica" giustificata dall'accorpamento di due uffici distinti, come ha confermato un teste in aula, che in realtà per l'accusa la riprova che la società di ingegneria era tutt'uno con Autostrade nella scellerata gestione al risparmio delle verifiche che poi, fatalmente, nonostante le tante avvisaglie, ha portato alla tragedia del 14 agosto del 2018 in cui sono morte 43 persone.

Nell'udienza dello scorso aprile si è parlato di due tecnici genovesi Spea imputati per motivi diversi: uno, appunto Casini, trasferito, e finito nei guai perché non ha mai denunciato quando gli è accaduto; l'altro, quello rimasto a Genova, Marco Vezil, invece imputato perchè a detta dei pm avrebbe sempre detto signorsì ad ogni volere dei vertici di Spea, al direttore Giacobbi e all'amministratore delegato Galatà, anche loro imputati

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