Cronaca

L'ingegnere indagato perché certificò ristrutturazione ponte violando il codice appalti. "Il mio era solo un parere, scoprii dopo che a Roma era stato usato come certificazione che non avrei potuto fare". Ma poi sui tempi si contraddice. Ora parla Brencich
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GENOVA - "Tradito" dal suo superiore Michele Donferri Mitelli. Non l'ha mai detto espressamente ma lo ha fatto capire a più riprese. Al processo per la tragedia di ponte Morandi oggi sono andate in scena le difficoltà di un imputato di Autostrade per l'Italia, l'ingegnere fiorentino Claudio Bandini (nella foto a sinistra), chiamato a giustificare perchè nel febbraio del 2017 sottoscrisse la certificazione del progetto di ristrutturazione del viadotto che lui in base al codice degli appalti da dipendente di Aspi non poteva redigere perchè faceva l'appalto era superiore ai 20 milioni e per questo sarebbe dovuto essere firmato da un tecnico esterno alle autostrade.

Per dimostrare la sua buona fede l'imputato, e i suoi due legali, Antonio e Michele D'Avirro, avrebbero prodotto e consegnato ai giudici altri moduli dello stesso tipo usati in passato in modoimproprio dall'imputato e dagli altri tecnici Aspi. "Io li avevo usati anche per le verifiche nelle aree di servizio". Peccato che lì però quei moduli, come ha fatto notare l'avvocato Pellicciotta, legale di Paolo Strazzullo, altro imputato di Aspi, responsabile del progetto del retrofitting, contrariamente a quanto fatto per la certificazione del Morandi, sarebbero stati usati in modo corretto

Per tentare di rafforzare la sua posizione Bandini ha sottolineato che la sua non poteva essere una certificazione da utilizzare per la validazione perchè non aveva riguardato gli stralli ma solo l'impalcato, la strada, del ponte. Un progetto molto importante, vitale, quello del retrofitting, atteso da 25 anni e che poteva servire a rinforzare le pile 9 e 10 ed evitare il crollo del ponte Morandi.

In aula Bandini ha detto che a dargli l'ordine di occuparsi del progetto del Morandi era stato il superiore Michele Donferri Mitelli (uno degli imputati più importanti dei 58 sott'accusa) che appunto gli aveva anche detto di occuparsi solo dell'impalcato e non degli stralli ammalorati.

Nonostante questa singolarità il suo documento, sostiene Bandini, venne poi usato dai vertici di Aspi e Spea per validare il progetto.
"Quando lessi nel novembre del 2018 su "Repubblica" che il mio parere era stato inviato a Roma e utilizzato come certificazione - ha spiegato Bandini - ne chiesi personalmente conto a Donferri, che aveva l'ufficio sul mio stesso piano della direzione romana di Autostrade. Lui mi disse di sostenere che quella era stata realmente una verifica, io però mi rifiutai di affermare questo, anche perchè io mi ero occupato solo dell'impalcato e non degli stralli e il mio era solo un parere tecnico".

Più tardi però Bandini, nel spiegare il motivo per cui aveva incontrato Strazzullo ha riferito che che voleva chiedere conto dell'uso improprio della sua relazione. Senza accorgersi però, come ha sottolineare con grande lucidità il giudice Lepri, che non era possibile perchè l'incontro era antecedente all'uscita dell'articolo di Repubblica che aveva permesso di scoprire dell'utilizzo non corretto della sua relazione. Come faceva a chiedere conto di una notizia se ancora non l'aveva ancora appresa?

Bandini aveva raccontato che Donferri gli aveva chiesto di valutare parte del progetto del Morandi il 5 ottobre 2017 spronandolo a farlo con urgenza e di consegnare la relazione l'11 dello stesso mese, dopo neanche una settimana. "All'incontro con Donferri c'erano anche i due progettisti, De Angelis e Giacobbi e altre persone di cui non ricordo" ha detto Bandini.

Donferri, si può presumere, aveva molta fretta di approvare il progetto perchè consapevole che le condizioni del viadotto Polcevera erano molto critiche, dato che siamo a pochi mesi dal crollo.

Se il dirigente delle manutenzioni di Aspi avesse chiesto la certificazione a un perito esterno, come per legge avrebbe dovuto fare visto l'entità dell'appalto, avrebbe avuto un responso - dicono gli esperti, non prima di tre o sei mesi, tempi medi per una verifica accurata su una struttura come il Morandi.

Non solo, Donferri, avrebbe seriamente rischiato che il ponte, a causa dell'elevato degrado degli stralli, fosse chiuso d'urgenza e che lui potesse finire nei guai, anche all'interno dell'azienda, per avere aspettato così tanto tempo prima di avviare i lavori di messa in sicurezza.

Dopo Bandini alle 16 è iniziato l'esame di un altro imputato, Antonio Brencich (a destra), ingegnere strutturista dell'Università di Genova, consulente del comitato tecnico amministrativo del provveditorato di Aspi della Liguria che nel redigere la relazione del progetto del retrofitting scrisse quella frase "degrado impressionante" che avrebbe dovuto allarmare tutti, lui compreso, e far bloccare il traffico sul viadotto, e che invece fu cancellata perché ritenuta allarmistica.

Lo strutturista ha ripercorso la sua carriera e il ruolo di consulente per il Cta (comitato tecnico amministrativo) del provveditorato di Genova svelando come è nata quella relazione al centro delle indagini: "Il progetto del retrofitting mi fu dato una settimana prima del Comitato tecnico amministrativo Ma io sono goloso e per me era come una torta alla crema a cui non ho saputo resistere. Mi sono buttato a capofitto per studiarlo e preparare la relazione, era un'occasione per studiare a fondo la struttura". "Quando mi chiesero di firmare, visto che avevo collaborato, ho detto anche andava bene, ma diedi buca un paio di volte, tanto che Buonaccorso (altro consulente imputato ndr) a un certo punto venne da me a chiedere spiegazioni. Solo allora mi accorsi che le mie osservazioni preliminari erano state tolte. Chiesi perché e mi rispose che quello era un mio giudizio sullo stato del ponte e non era richiesto questo aspetto visto che dovevamo come Cta occuparci solo di valutare il progetto di retrofitting e su quel punto le osservazioni non aggiungevano nulla. Convenni sul punto e firmai".

L'interrogatorio del docente è stato sospeso alle 18 e riprenderà domani alle 9 quando Brencich ha preannunciato mostrerà un esperimento, neanche fosse in un aula dell'Università, in tema di calcestruzzo.

Il professore universitario nel 2016 quando rilasciò  due interviste sul viadotto Polcevera.

La prima il 5 maggio del 2016 a Elisabetta Biancalani di Primocanale quando definì il Morandi "un fallimento dell'ingegneria", in linea con le sollecitazioni dall'editore della nostra emittente Maurizio Rossi che in veste di senatore fra il 2015 e 2016 aveva presentato più interpellanze sul tema al ministro Delrio, che però si degnò mai di rispondere.
Poco dopo, sempre nel maggio 2016, Brencich aveva parlato con il Secolo XIX ("Morandi in agonia, allarme manutenzioni") auspicando che il ponte fosse abbattuto perché lo stato di degrado era troppo elevato e mantenerlo in vita non era più economicamente conveniente.

Per questo il docente non era visto di buon occhio dai vertici di Aspi e di Spea che di chiudere la gallina dalle uova d'oro non ne volevano sapere, il transito sul viadotto regalava infatti alle casse di Aspi 10 milioni di euro all'anno grazie ai pedaggi dei 30 mila automobilisti che ogni giorno transitavano fra i caselli di Genova Aeroporto e Genova Ovest.