Cronaca

Mauro Tommasini, di Most, la società che eseguiva verifiche riflettometriche, più volte ripreso in aula dal giudice perchè si contraddice. Gravi anomalie riscontrate sul Ponte dal 2012
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GENOVA - Maurizio Ceneri, ingegnere e coordinatore dei tecnici Spea, per i pm "era come Coccolino: aveva il compito di ammorbidire i report". La conferma di questo arriva anche dalla testimonianza resa oggi da Mauro Tommasini di Most, la società che eseguiva verifiche riflettometriche su ponte Morandi per conto e su incarico di Spea. 

Il tecnico davanti ai giudici conferma che Ceneri gli chiedeva di alterare le relazioni dei controlli che effettuava sul viadotto Polcevera, tanto che le relazioni cambiavano in modo importante proprio a causa delle interferenze del dirigente di Spea, che è fra i 58 imputati dell'indagine sulla tragedia del 2018 costata la vita a 43 persone. In aula sono state mostrate sui display le variazioni delle relazioni: prima versione, accanto la seconda.

Non solo: venivano cambiati anche i tempi dei successivi controlli che da una al mese, nonostante le gravi anomalie riscontrate con le prove riflettometriche, si allungavano sino a un anno.

Tommasini nel rispondere alle domande incalzanti del pm Walter Cotugno e del giudice Paolo Lepri più volte è apparso titubate, esitante, e qualche volte si è contraddetto rispetto a quanto aveva già dichiarato nella prima deposizione rilasciata un anno dopo la tragedia. 

Per questo a più riprese il giudice, come era già accaduto nell'audizione del dirigente di autostrade per l'Italia Livia Pardi,  ha ricordato a Tommasini che ha l'obbligo di dire la verità, arrivando poi a sottolineare che stava dicendo cose diverse da quanto dichiarato in precedenza. Insomma una deposizione lunga e tribolata quella del dirigente di Most.

Tommasini poi è entrato nello specifico delle prove riflettometriche, i test a impulsi di tensione di brevissima durata a cui spesso Autostrade per l'Italia ha affidato le uniche verifiche per testare il grado di corrosione dei cavi e la qualità delle iniezioni di calcestruzzo delle pile che sorreggevano Ponte Morandi.

Tommasini ha poi svelato che le prove riflettometriche dal 2015 e poi ancora di più nel 2017 aveva evidenziato l'estensione delle anomalie sull'impalcato del ponte, anomalie che analizzando i dati, partivano già dal 2012.

A questo punto il pm Cotugno, e lo stesso giudice Lepri, gli chiedono se di fronte a risultati così preoccupanti, con anomalie sul 65% del cavo, aveva subito avvertito Spea. La risposta del tecnico di Most ha sorpreso tutti: "Noi abbiamo solo fatto la solita telefonata con cui accompagnavamo le relazioni". Come dire: pur accertando gravi anomalie di Ponte Morandi ma non avvertono tempestivamente Spea e dunque Autostrade. Tutto questo nonostante in una precedente relazione lo stesso Tommasini, come ha sottolineato il pm Cotugno rileggendo il verbale sottoscritto dallo stesso dirigente Most, "a una domanda che gli era stata posta dagli inquirenti lui stesso aveva affermato che quando un'anomalia anche soltanto di grado 2 si estende sino al 60/65% del cavo, come era nel caso, questo impone riflessioni e verifiche scrupolose. Se l'anomalia interessa più del 50% del cavo va subito investigata, parlai di questa mia preoccupazione a Ceneri, che la condivise".

E quando il pm gli chiede se ricorda la risposta di Ceneri di fronte a queste sue preoccupazioni, Tommasini risponde di "no".

Il pm gli fa notare che allora aveva detto che Ceneri aveva condivise le preoccupazioni, e il teste media cambiando risposta: "La recepì, la raccolse. Di fronte a queste situazioni bisognava infittire i controlli o procedere con delle ispezioni".

Ma a una domanda specifica del giudice Lepri Tommasini risponde che l'"intervallo dei monitoraggi non è stato modificato, questo nonostante il livello di anomalie quattro fosse poco tranquillizzante".

Nella seconda parte dell'udienza Tommasini ha ricordato come dopo il crollo del 2018 i vertici di Spea a più riprese gli chiesero di spacciare le prove riflettometriche come quantitative e non qualitative,  i primi sono test localizzati mentre i secondi sono estesi sull'intera struttura, come a dimostrare che le verifiche erano state effettuate in modo adeguato su tutto il ponte. Ma per una volta il dirigente Most ha detto no. 

Nell'udienza è stato ribadito che le prove riflettometriche erano considerate affidabili solo dall'Italia e dal Ministero dei lavori Pubblici del Brasile: perchè i risultati possono essere influenzati da più fattori come umidità e falsi negativi.


L'udienza era cominciata con la richiesta del giudice Lepri su come acquisire la deposizione dell'ingegnere Francesco Pisani, un super testimone. Il presidente del collegio giudicante ha informato che la figlia del tecnico ha inviato una email avvertendo che a causa delle sue condizioni fisiche del papà, oggi novantenne, sarebbe bene limitare i tempi della sua deposizione.

 
I giudici ipotizzano più possibilità: vista l'età avanzata la preferita sarebbe quella di acquisire la deposizione che l'ingegnere allievo di Morandi ha già rilasciato agli inquirenti. Altre ipotesi: videoconferenza o trasferimento del processo a Roma. La decisione sarà presa nelle prossime udienze: ma giudici, pm, avvocati di Autostrade per l'Italia si sono detti d'accordo sull'acquisizione dei verbali della vecchia deposizione rilasciata alla guardia di finanza. Più perplesso i legali di Spea, che hanno inserito Pisani fra i propri testi e preferirebbero ascoltarlo in presenza. La decisione sarà presa nelle prossime udienze.

Pisani era stato sentito dai pm perché nel 2010 era stato incaricato da Autostrade per rifare gli stralli della pila 9, quella crollata nel 2018, e gli inquirenti aveva dichiarato: “Sulla scorta di questa esperienza e sulla conoscenza approfondita che avevo del viadotto, negli anni 2010/2011 sono stato contattato telefonicamente da Autostrade - nelle persone di Donferri, Romagnolo e Malgarini - per fare un progetto relativo all’intervento di rinforzo strutturale degli stralli delle pile 9 e 10. Doveva essere analogo a quello eseguito negli anni ‘90 sugli stralli della pila 11. In merito ho anche ricevuto una commessa ed ho effettuato la progettazione di tali lavori come da documentazione che vi consegno in copia fotostatica. Per tale progettazione Autostrade per l’Italia mi ha corrisposto il regolare pagamento della mia parcella”.
Di quei lavori, però, non se ne fece nulla.

Domani, martedì 14 marzo, alle 9 nuova udienza sotto la tensostruttura con il controesame del teste Tommasini da parte degli avvocati degli imputati e delle parti civili.