Cronaca

Acquisite intercettazioni. In aula prosegue il racconto dei sopravvissuti: "L'asfalto si è aperto..."
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GENOVA -Chi ha visto crollare la pila 9, chi si è trovato davanti alla voragine ed è volato nel vuoto, e poi una donna e tre ragazzi di Arenzano che si sono fermati dietro il camion della Basko e sono scappati a piedi sino alla galleria. E anche gli operai Amiu che trovavano pezzi di calcestruzzo e bulloni sulle auto sotto il Morandi.

Le parole dei sopravvissuti e delle parti lese della tragedia di ponte Morandi hanno raggelato tutte le persone presenti nell'aula del tribunale.

E' stata un'udienza forte quella andata in scena oggi, mercoledì 14, nella tensostruttura creata per contenere il processo sulla strage del ponte Morandi in cui sono state uccise 43 persone.

Un'udienza vissuta fra testi che piangono e ricordano gli incubi e i sensi di colpa di essere ancora vivi.

Fra dolore e lacrime c'è anche il tempo per il giudice Lepri di ammettere al processo le intercettazioni richieste dagli avvocati di Giovani Castellucci. L'ex amministratore delegato di Autostrade per l'Italia punta l'indice contro Aspi e contro Atlantia forse colpevoli di essersi sfilate, chi pagando, chi perché solo sfiorata dall'indagine della guardia di finanza.

Un "si salvi chi può", insomma.

Dietro l'angolo guerre intestine e forse sorprese che potrebbero portare sino alla famiglia Benetton e al loro referente principale, Gianni Mion (il manager della holding cassaforte della famiglia Benetton), per ora esclusi dal processo, e che però sarebbero stati i principali beneficiari dei dividendi ottenuti risparmiando sulle manutenzioni della rete autostradale.

Castellucci ha capito che ora rischia di rimanere con il cerino in mano.

Di questo ci sarà tempo di parlare dopo la fine dell'ascolto della lunga lista delle parti lese, i sopravvissuti che già per tre giorni si danno il cambio nel raccontare il proprio dolore sotto la tensostruttura del tribunale, davanti ai giudici Lepri, Baldini e Polidori e davanti ai pm Terrile e Cotugno.

Dritte al cuore sono andate le parole di Rita Giancristofaro, la triestina precipita dal Morandi con l'allora compagno Federico Cerne. Lui non ricorda nulla:
Lei ha racconta il film di ogni momento di quella caduta nel vuoto.
"Usciti dalla galleria, a oltre la metà del ponte all'improvviso abbiamo sentito un boato, come un terremoto, pazzesco, non riesco a paragonarlo ad altro, poi è mancato asfalto sotto l'auto, ricordo la torsione dell'asfalto, la macchina che va giù inclinata, ho detto "adesso ci facciamo tanto male", Federico era con mani strette sul volante e gli occhi chiusi, per questo non ricorda, io ho messo le mani sul cruscotto, ho detto "non voglio morire". E' sembrata un'eternità, il ricordo successivo dopo impatto con terreno, ho chiamato Federico che ha risposto mormorando, sapevo che era vivo, poi ho risposto ai soccorritori...". La donna parlando delle conseguenze ha detto: ora i giorni sono numeri e sto buttando la mia vita.
 
Rita era una maratoneta e viveva per la corsa: "Ma ora non posso più correre, ci ho provato, la gamba mi fa male, preferisco consumarla per camminare, per vivere".

Stordiscono anche i racconti dei quattro occupanti della macchina condotta dalla signora Michela Meo di Arenzano che, a causa del ritardo di un treno per Genova, si era offerta di accompagnare in auto il figlio e due suoi amici alla stazione Principe per fargli prendere la coincidenza per Rimini: i quattro, fermi sotto il diluvio quasi dietro il camion basko, si sono visti cadere davanti la pila 9.

Poi si sono messi tutti a correre verso la galleria, sotto il nubifragio, avvisando gli altri automobilisti fermi in auto. Siccome Michela era più lenta, i ragazzi l'hanno aspettata, quasi spingendola di peso, ma lei li ha dissuasi, dicendogli "andate voi, lasciatemi", "non volevo - ha raccontato in aula la donna - che per colpa mia, che la mia vita l'ho vissuta, potessero morire loro".

E mentre correvano, tutti, come ha raccontato Alberto, uno dei ragazzi, pensavano che dopo il crollo della pila l'effetto domino avrebbe fatto cadere anche l'asfalto sotto i loro piedi. Pensavano che stavano per morire. Poi si sono ritrovati tutti all'asciutto nella galleria piena di auto, fra bambini che all'oscuro della tragedia giocavano e ridevano.

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