
L’ultima botta arriva con il mitico tunnel subportuale, quella maxi opera che dovrebbe veramente cambiare il destino della città, della sua circolazione, del suo impatto scenografico. Prima i milioni in più del suo costo ovviamente stralievitato e il dirottamento dei fondi altrove e ora la nuova giunta comunale, che cambia il suo percorso nell’innesto cittadino di Levante, deviandolo sopra la Questura. Tempo di costruzione 80 mesi, se tutto va bene, ma subordine alle assemblee cittadine della zona della Foce e Carignano che dovranno accettare cantieri colossal e lo stravolgimento della zona dei giardini Coco, quella area cuscinetto “ambigua e promiscua” tra le Mura e corso Aurelio Saffi.
Siamo un po’ esperti di dibattiti pubblici e assemblee da qualche decennio e ci ricordiamo della Bretella e della Gronda. Come sono finite?
Ma prima c’era stata la funivia per Begato, ridotta a mini Funivia e ancora declassata a una prosecuzione della guidovia di Granarolo con dubbi consistenti per la base di partenza e per la possibilità di dirottare i fondi dal progetto iniziale già definito con i costruttori. Non se ne parla più.
E prima ancora c’è stato lo Skymetro con tutte le polemiche connesse dopo il no della nuova giunta e il progetto affidato al Politecnico di Milano, che ha studiato il famoso, ma non troppo, bus elettrico veloce come Speedy Gonzales, ma non se ne sa di più, mentre la Valbisagno è là, collassata come sempre e senza speranze vicine.
Ce ne è abbastanza per capire che qui di grandi opere non se ne vuol parlare o si vogliono solo correggere, deviare, “diminuire”, in una città che è disseminata di cantieri e lo sarà ancora di più a cascata con la costruzione dei mitici quattro assi di forza studiati dalla vecchia giunta di Bucci, che non si possono fermare o deviare e che stravolgeranno la circolazione per anni. Dall’area della Foce, dove la “madre” di tutte le grandi opere, il Water Front è lì piantata in un piazzale Kennedy sottosopra, senza né alberi, né posteggi, all’isolamento del Palasport, con un destino commerciale che solo ora sta incominciando a uscire dalla nebbia e uno sportivo misterioso in avanti.
Inutile aspettare il Terzo Valico, di cui nessuno ha il coraggio più di parlare o di “datare”, anche se a monte i grandi esperti di traffici nel mondo lo indicano come una infrastruttura capace di portare a Genova più del traffico di Rotterdam. E’ una canzone che sentiamo suonare da almeno trent’anni.
Se scendiamo nel “piccolo”, si fa per dire, osserviamo come i lavori definiti “risolutivi” del ponte elicoidale sono ancora un rebus inestricabile e quelli di Certosa per la metropolitana e gli altri tra Brignole e Martinez e poi per san Martino, la stazione di arrivo dei sogni, sono “vivi” solo per le vertenze con le ditte appaltatrici e per le proteste dei lavoratori, che ci stanno lasciando la ghirba.
Possiamo solo consolarci con la grande diga. Almeno lì vediamo il primo grande cassone calato in mare e questo continuo via vai di navi che scaricano ghiaia. Incrociamo le dita sui tempi e sulle solidità di un’opera che non ha precedenti e illustri e qualificati oppositori.
A cinque anni dalla costruzione del ponte Morandi, che aveva esaltato il “Modello Genova”, un decalogo sacro, fatto di deroghe basate sulla semplificazione e ovviamente sulla eccezionalità della situazione in cui era stato creato in coda al “Decreto Genova” , possiamo sbarrare gli occhi e mangiarci le mani. Perfino il grande parco sotto il ponte è una grande illusione, rimasta a metà realizzazione.
Se quel metodo fosse stato esteso non a tutte le opere, ma almeno a quelle chiave non saremmo qui a contare ritardi, difficoltà, perfino discussioni su stanziamenti già fatti e milioni da restituire.
Ogni amministrazione ha i suoi obiettivi e i suoi orizzonti ed è chiaro che questa che governa oggi ha vinto e conquistato il governo della città con un piano molto diverso da quello delle grandi opere. La maggioranza larga conquistata legittima il cambio e ci mancherebbe altro.
L’impatto tra il vecchio disegno e le nuove decisioni sta provocando già un collasso della città e questo si misura bene nella circolazione, nel traffico, che spesso sembra impazzito e ci fa tornare indietro di decenni, quando però c’era il boom e bisognava costruire la Sopraelevata, realizzata in diciotto mesi e senza Metodo Genova.
Oggi il dibattito sulla Sopraelevata, almeno quello. si è fermato, probabilmente di fronte alle enormità delle altre emergenze che rimbombano. Ne restano altri, in un rosario infinito che comprende Hennebique, il cadavere steso in mezzo al porto che hanno cominciato solo a rosicchiare con le ruspe, gli ospedali da costruire, che Bucci ha appena confermato con tanto di data conclusiva dei lavori, Galliera e Erzelli in primis, le rigenerazioni urbane in Valpolcevera e i cantieri della ex Miralanza. E il parco di Bolzaneto intorno all’IIT…..E la seggiovia, ovovia, tapis roulant tra la stazione di Sestri Ponente e l' aeroporto Colombo e il nastro tra la Stazione Marittima e quella ferroviaria di Principe……...
Il gioco del Monopoli ha giustamente celebrato l’anniversario della sua invenzione. Da decenni ci giocano grandi e piccini ma non vorremmo che diventasse quello preferito di chi si occupa di Genova.
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