Quell'antica festa crudele diventa ancora una volta l'inaugurazione della Primavera. Come la Mille Miglia era "un urlo di motori per strappare la gente dalle case", dalle "macerie della guerra con gli occhi divorati in terra", così la Milano-Sanremo è un arcobaleno lungo trecento chilometri, dalle piroette di sabbia delle guglie del Duomo fino alla città del rosso e del nero dove si ascoltò del bambino col vino che era figlio di quello senza motorino. La Classicissima, così l'aveva superlativizzata Brera, si officia quest'anno proprio a San Giuseppe, nel giorno in cui tutti pensiamo al papà, specie se non c'è più e alla fine non potrai parlare con lui della corsa e di chi l'abbia vinta, come facevi fin da bambino, quando la Sanremo era quella gara che partivano in duecento e alla fine arrivava primo Merckx.
E' l'evento sportivo più importante dell'anno per la nostra Liguria, vista la rilevanza sia storica che di prestigio attuale nel calendario mondiale: sta nelle cinque Classiche Monumento UCI, insieme con Giro delle Fiandre, Liegi-Bastogne-Liegi, Parigi-Roubaix e Giro di Lombardia. Noi abbiamo anche il Laigueglia, che è la prima vera corsa su strada dell'anno, e il Giro dell'Appennino che è l'ultima corsa in bianco e nero; ma la Sanremo è qualcosa di più e di diverso, una volta era lo stormo di campane che annunciava la bella stagione, un segno di speranza che tutto il resto potesse sbocciare come i fiori che da Sanremo andavano e vanno dappertutto, perfino a Capodanno a Vienna. Adesso cade in tempo di conflitto, come quella del 1943 vinta da Cino Cinelli, l'uomo che sceso dalla sua bici avrebbe cominciato a costruirle, presto tra le più pregiate del pianeta, e corrono ancora col suo nome.
La Sanremo torna a casa, in tutti i sensi. Prima il 19 marzo, quando era festa per tutti, era infatti la sua data fissa. Poi venne spostata al sabato più vicino. Che a volte coincide. La gara soprattutto riprende il suo tracciato storico, dopo che per due anni prima lo spostamento ad agosto e poi una frana sulla strada avevano determinato ritocchi - nel 2020 quasi oltre la soglia della snaturazione tecnica - al percorso. La novità è semmai alla partenza, per la prima volta dal rinnovato velodromo Vigorelli-Maspes, dove Gepin Olmo da Celle Ligure (una delle nostre stelle lontane, come Mino De Rossi appena scomparso, Alberto Massucco visto troppo poco perché tradito dal motore, Cinin Cafferata da San Bertumè che corse con Bartali) aveva fatto nel 1935 il record dell'ora, migliorato nel 1942, quando già suonavano gli allarmi aerei dei bombardamenti della RAF, dall'omino con le ruote Fausto Coppi, che proprio nel 1946 scelse Sanremo per chiudere il suo giornale di guerra e di prigionia, per togliere il velo del lutto alla nazione, tutto solo come non sarebbe mai più stato o forse come era destinato a essere per sempre, con un quarto d'ora sul secondo tanto grande era la sua stupida voglia di vivere. Ha un senso che si parta da questo anello di legno, in un tempo in cui sfrecciano soprattutto in pista i migliori ciclisti italiani: Pippo Ganna e gli altri campioni olimpici e mondiali dell'inseguimento Johhny Milan, Simone Consonni, Francesco Lamon e Liam Bertazzo; Sonny Colbrelli, lo scorso anno primo dell'esercito di terracotta uscito dai sassi fangosi, autore della volata della vita sull'ellisse di cemento del velodromo più famoso del mondo, quello di Roubaix.
La Sanremo è una corsa italiana che parla quasi sempre straniero da un tempo troppo lungo: negli ultimi vent'anni l'abbiamo vinta solo cinque volte, con Cipollini Bettini Petacchi Pozzato fino all'esaltante assolo di Nibali sul Poggio nel 2018. Anche stavolta non siamo tra i favoriti ma che importa, sarà comunque una festa: il pubblico del ciclismo ha questo di bello, l'ultima domenica dello scorso settembre sulla piazza di Lovanio c'era tutto il Belgio ad aspettare van Aert, invece sul traguardo è rispuntato Alaphilippe e dopo la premiazione il vincitore ha fatto da deejay a tutta la piazza, compreso Stuyven che è nato e vive a cento metri dalla linea bianca ma era arrivato solo quarto. Alaphilippe, van Aert, Stuyven: gli ultimi tre vincitori della Sanremo, guarda un po'.
Sarà spettacolo. Asimmetrico. Sette ore di niente, scandite dallo scenografico passaggio in una cruna di roccia dove l'Aurelia a Noli non aveva altra scelta, poi i Capi (Mele, Cervo, Berta) e infine, dopo tutto questo nulla, dal bivio per il Poggio, gli ultimi cinque minuti più emozionanti e impronosticabili della stagione. Fino a via Roma. Dove qualcuno si dipingerà le mani e la faccia di blu, prima di volare. E a farci ridiventare tutti bambini all'ultimo chilometro, per una fugace folata di felicità.
IL COMMENTO
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