
In una città che dovrà per forza ripiegarsi un po’ su se stessa per migliorare le condizioni dei suoi abitanti sempre più vecchi, più bisognosi di assistenza, con prospettive di nuovi lavori ancora nebulose, con incertezze sulle sue industrie e sul porto, che di nuovo vacilla come quaranta anni fa, dove è che si può aspettare un cambiamento, un cambio di marcia nella prospettiva complessiva della Grande Genova?
Le grandi opere che sono in corso e che un po’ sono mezze opere, nel senso che hanno ancora molto tempo per essere concluse, o non sono opere in assoluto perché non le faranno come Skymetro, funivia per Begato e forse anche Tunnel Subportuale, del quale non si parla più e Gronda che giace lì dal 1989, e la SuperDiga che ritarda i suoi tempi di realizzazione, non costituiranno una svolta.
Allora la chiave di volta del futuro sono il turismo e la cultura che sono limitrofi anche se così diversi.
Il turismo è una pista che viaggia dal 1992 e oramai pone problemi di overtourism, come in tutta Italia e comporta anche contro indicazioni, basta contare il boom dei bad&breakfast, che “devitalizzano” il centro storico e lo stop alla crescita alberghiera e basta misurare il gap infrastrutturale, che non solo Genova ma tutta la Liguria patiscono inesorabilmente. E non consoliamoci con qualche volo in più dall’aeroporto nel periodo estivo…..
La cultura è decollata nel 1992 anch’essa e poi è stata lanciata nel 2004 da giganti come Beppe Pericu e Ennio Poleggi e Bruno Gabrielli, quando avevamo in dote ancora giganti come Ivo Chiesa e Tonino Conte con i loro teatri, quando abbiamo avuto il coraggio di rifare il Carlo Felice, magari troppo grande e ha trasformato, in linea con l’intero Paese, il mood di Genova, diventata attrattiva, una città tra le più belle, ma ahimè per molti versi ancora da scoprire.
Oggi il fatto che uno dei registi culturali più importanti della lunga gestione Bucci-Piciocchi, il professor Giacomo Montanari, che con loro sfiorò la carica di assessore, essendolo un po’ di fatto, entri come tecnico nella giunta Salis ha molti aspetti da pesare con attenzione. Oltre all’ardito salto di barricata del giovane interessato.
Quale era il peso della cultura in quell’arco di tempo nel quale si sono succedute anche molte polemiche sui ruoli e sui compiti tra assessori dimissionari con polemiche (la giovane Serafini), advisors, che sostituivano i vecchi dirigenti comunali anche di grande prestigio, come Piero Boccardo, dimessosi non certo in modo soft o per fare il pensionato, consiglieri comunali delegati alla cultura, francamente di non brillante caratura, fino al tavolo della cultura che Montanari ha presieduto.
Certo in quella cavalcata ci sono state, oltre allo stesso Montanari, certamente uno storico dell’arte di valore, di ottima scuola universitaria, di grande famiglia con tradizioni cattolico culturali di pregio rimarchevole, altre figure di spicco, come Anna Orlando, dal curriculum autorevole e ricco dai ruoli importanti ( anche con sfide pericolose), di attività quasi frenetica, infine candidata alle ultime elezioni nella lista Piciocchi, eletta con successo, ma finita all’ opposizione, sono emerse.
Ma in quale quadro politico complessivo? In quale visione della cultura per Genova?
Lo abbiamo scritto tante volte che sia in Regione con Toti, sia in Comune con Bucci c’era una bella confusione sulla cultura mescolata con i Grandi Eventi, con il turismo, perfino con la educazione civica, quando Bucci urlava che per lui la cultura è anche l’orgoglio di riconoscersi come genovesi nello stile, nel portamento, nella propria storia.
Oggi la scelta di Montanari nel centro sinistra viene addirittura rivendicata dal centro destra, vedi Ilaria Cavo, come un premio, la garanzia di continuità con il lavoro svolto dal centro- destra. Una bella continuità….
Speriamo di no ed ecco qual è il nocciolo del problema di questa staffetta. Quella cultura là, concepita un po’ alla carlona, fondata sul boom dei Rolli ( che tra l’altro sono stati inventati da personaggi come Ennio Poleggi qualche tempo fa, sopratutto nel 2004 e non ieri dalle giunte di centro destra, che hanno saputo, e questo va riconosciuto, rilanciarli in grande) non può bastare a una città bella e ricca di arte come Genova. Non può bastare il profilo basso di musei come il Chiossone o come Villa Croce o le difficoltà del Ducale a ergersi dove merita la sua storia o la trascuratezza degli immensi beni di una città “diffusa “ anche culturalmente.
Non può bastare il progetto abortito del Museo della Repubblica, che è avvolto nei teloni sulla Loggia dei Mercanti o il silenzio attorno al nuovo Museo Statale che sorgerà alla Zecca nel palazzo acquistato dal Ministero, che non è una partita comunale.
Ma se non è cultura cittadina anche quella prospettiva di arricchimento in un asse Garibaldi-Zecca-Annunziata-Balbi, che cosa lo è?
Da quanto attendiamo non un Grande Evento, magari con i tappeti rossi, ma una grande mostra, un nuovo Festival, una nuova idea e non solo la Storia in Piazza o Limes che sono grandi iniziative, ma del passato che per fortuna dura ma non basta? Quante volte il novantenne Gino Paoli ha proposto un grande Festival sui cantautori genovesi? Non è cultura anche questa? O dobbiamo aspettare che declassino il nostro Archivio di Stato, uno dei più importanti del mondo, senza che qui si muova foglia?
Ci vuole un disegno, una vision, come diceva Bucci, forse la ricerca di una identità genovese, che metta insieme un po’ tutto, a partire dalle nostre glorie e che sfrutti e scopra quelle “nuove”, che ci sono in città e che magari hanno altre declinazioni rispetto a quelle classiche. Città di Colombo, capitale mediterranea nel mare infuocato dai conflitti e dalle immigrazioni, come sviluppare tutto questo, magari capitalizzando una Università, che ha enormi possibilità e sicuramente grandi tesori, di eccellenze da svelare e sintonizzare?
Tutto questo non è continuità con il passato recente o almeno non lo è complessivamente, e anche se il regista è lo stesso quella continuità va comunque rotta e l’orizzonte ampliato. Almeno immaginato. Come faceva, guardandolo l'orizzonte, un certo Colombo Cristoforo.
IL COMMENTO
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