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GENOVA - Alla vigilia di Natale l’appello di Aldo Spinelli nella bella intervista a Elisabetta Biancalani su Primocanale per far arrivare a Genova 150 mila nuovi abitanti-lavoratori, necessari per alimentare il rilancio del porto con la nuova diga e tutto il resto di una grande, auspicata ripresa, mi è parso come un colpo di fucile nel silenzio.

Ma come, siamo qui a declinare da anni le cifre di un inarrestabile crack demografico, a contare la progressiva diminuzione della popolazione che scende oramai dai primi anni Settanta. Siamo qui a esaminare i dati di questo calcolo a perdere, con le nuove generazioni che si assottigliano e quelle antiche dei boomers e oltre che si ingrossano. Siamo qui a piangere per la denatalità sempre più evidente e progressiva di una città che forse è una delle più anziane del Continente.

Siamo qui a cercare di superare il pessimismo demografico con i calcoli del sindaco Marco Bucci, che capovolge le statistiche tradizionali con i nuovi conteggi, basati sulle celle telefoniche, non sull’anagrafe, che sbandiera l’attrazione di tanti extragenovesi, oramai conquistati perché in città arrivano, magari da pendolari, ma lavorano, vivono, consumano.

Ma come, siamo qui a analizzare, come fanno i grandi centri di ricerca, la ricaduta potente della riduzione demografica sulle strutture portanti della nostra società, in primis la scuola, dove le proiezioni del futuro immaginano già inverni veri e propri nell’istruzione, con classi di studenti desertificate, con i licei ridotti a 12 alunni e non più, con i prof esorbitanti rispetto agli studenti.

Certo è un fenomeno comune a tutta l’Europa quello dell’inverno demografico, forse fa parte, con gli Stati Uniti ancora un po’ fuori, della crisi dell’Occidente, tema chiave nelle nuove analisi geopolitiche che spostano verso Est, verso l’Oriente la spinta dello sviluppo futuro, dove i grandi paesi si gonfiano di popolazione come l’India, la Corea del Sud, l’Indonesia, con la sola eccezione della Cina, che ora corre ai ripari dopo la fallimentare politica del figlio unico.

Ma in una Genova di fine 2023, piena di cantieri, di promesse opere pubbliche, capaci di farci svoltare, di progetti sparsi ovunque, zeppa di immagini rendering che disegnano un futuro pulsante praticamente in ogni angolo della città, la “sparata” di Spinelli ha la sua spiegazione. E’ firmata da un grande imprenditore, con un fiuto eccezionale, forse uno dei self made man più “forti” del Paese. E’ lanciata da un ottimista capace di fare molto bene i suoi affari, ma anche con il gusto della sfida, della battaglia, della prospettiva larga per difendere i suoi traffici, ma anche per immaginare la città del futuro.

Quindi prendiamo questa cifra di 150 mila nuovi genovesi, che riporterebbe la città ai livelli demografici di circa venti anni fa, come un augurio concreto di Natale e di fine anno.

In fondo altre grandi città europee in declino demografico a un certo punto hanno svoltato, magari spinte da una grande opera finalmente realizzata. E’ successo a Bordeaux in Francia dove l’arrivo dell’alta velocità ferroviaria ha capovolto il destino, aumentando la popolazione, producendo l’arrivo di nuove imprese.
Noi aspettiamo l’arrivo del treno veloce, capace di collegarci con Milano in meno di un’ora e forse in 40 minuti, se riusciranno a quadruplicare la linea dopo Tortona, impresa messianica nella quale una classe dirigente oculata avrebbe concentrato molti dei miliardi del Pnrr, invece di differenziarli in tanti progetti. Aspettiamo da 110 anni questo Terzo Valico, che ci promettono entro la fine del 2026 e questa attesa è francamente piena di diffidenza perché passa attraverso le difficoltà morfologiche della costruzione e anche attraverso la resistenza delle aziende che lavorano.

Ma forse insieme alle autostrade finalmente rattoppate, che Spinelli nella stessa intervista si augurava, a partire dal 2025, il treno, cioè la cura del ferro, servirà a facilitare l’attrazione che Spinelli auspica. E se saranno anche 100 mila e non 150 i nuovi zeneisi la svolta sarà completata. E Spinelli diventerà anche un profeta.