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di Matteo Cantile

Questa sera alle 21 scatteremo la fotografia ai partiti liguri che si preparano alla tornata elettorale europea del prossimo giugno: un'elezione, quella del parlamento europeo, che in Italia abbiamo spesso derubricato a consultazione di medio termine, buona esclusivamente per valutare il gradimento della politica nazionale e ragionare sulle implicazioni di questi risultati sulla tenuta dei governi in carica.

E, almeno ultimamente, queste votazioni sempre non troppo distanti da quelle del parlamento nazionale hanno rappresentato il trionfo del leader sulla cresta dell'onda: è capitato al Pd di Renzi nel 2014, con uno storico 40,81% dei consensi; risultato imitato dalla Lega di Salvini nel 2019, con il 34,26%, il più alto nella storia del partito. In attesa di conoscere i dati liguri elaborati per Primocanale da Tecnè, non è difficile ipotizzare un ottimo risultato per i Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni.

Ma vista la centralità delle decisioni assunte da Bruxelles e Strasburgo nella vita civile ed economica dei Paesi membri, sarebbe il caso di rivalutare la contesa continentale e osservarla alla luce della sua indiscutibile importanza. Un tempo le Europee erano la partita dei 'trombati' dalla politica italiana e l'emiciclo di Strasburgo somigliava troppo da vicino a un cimitero degli elefanti in cui accatastare gli sgraditi e gli amici degli amici. La speranza è che, una volta e per sempre, questo atteggiamento cambi.

In Europa si affrontano le tematiche più pregnanti anche per l'Italia: a ogni crisi, di fronte a tutte le difficoltà, politica e pubblica opinione si stringono attorno al concetto di Unione. “Ce lo chiede l'Europa”, dicono i nostri politici quando devono servire al popolo qualche polpetta avvelenata, “intervenga l'Europa”, strillano a destra e a manca quando un problema ci sembra troppo difficile da risolvere.

E in Europa ci sono i nostri rappresentanti. Che devono essere capaci, ben introdotti e devono conoscere molto bene almeno una lingua straniera (ma sarebbe meglio dominarne decentemente due). Si troveranno a lavorare in un contesto difficile, da cui ogni Stato sovrano cerca di trarre il meglio per sé e lo stesso devono riuscire a fare loro.

Un esempio tipico che mi viene in mente di scarsa qualità della politica italiana in Europa è la famosa direttiva Bolkestein: qualunque cosa si pensi sulla messa a gara delle concessioni demaniali (e io penso che sia giusto procedere, anche se con gli appropriati correttivi) resta chiaro il fatto che nessuno dei parlamentari che l'hanno votata si fosse davvero reso conto delle implicazioni che quel provvedimento avrebbe avuto sul sistema italiano, fisiologicamente molto diverso da quello di altri Paesi.

Visto che le candidature alle Europee devono essere ancora definite nella maggior parte dei casi, quindi, faccio appello ai partiti di scegliere per questa competizione non i più fedeli, non gli indesiderabili da spedire al confino e neppure i 'trombati' da risarcire con 10 mila Euro al mese in cinque anni di vacanza premio: in Europa devono andare i migliori, qualunque sia il loro colore politico.