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GENOVA - Allora che città siamo? Quella magicamente raccontata con uno stupendo articolo pubblicato su "Il Domani", il giornale di Carlo De Benedetti, da Carlo Romani, che finisce con l'annuncio di un nuovo Rinascimento genovese all'inizio del Terzo Millennio o quella "invisibile" che quel giornale cita, ricordando le visioni di Italo Calvino e che ne racchiude tante altre, complesse, un po' decadenti, un po' nostalgiche, un po' di grande potenza storica e un po' fatiscenti, come il suo centro storico, che nessuno riesce a recuperare?

Due visioni si scontrano, ma potrebbero essere anche di più, tra Storia con la maiuscola, che il giornale ricostruisce in una cavalcata anche esaltante e l'attualità di grandi opere lanciate: dalla Diga portuale, piena di interrogativi, al tunnel subportuale, mirabolante e incerto, alla Soprelevata, che viene citata dai grandi urbanisti come una delle prospettive cittadine più spettacolari.

Confesso che il viaggio del "Domani" mi ha affascinato da vecchio cronista che questa Genova l'ha non solo raccontata, ma vista raccontare per decenni dai più acuti viaggiatori, dai più puntuti servizi tv e sui giornali dai migliori professionisti. Affascinano i "salti" che Genova fa dal suo inizio originale di grande porto, ma sopratutto intrigano quelli del Dopoguerra, così misti tra immobilismo e slanci potenti, urbanistici e culturali. I disegni avveniristici del Biscione di Daneri, che oggi la new age copia e delle avanguardie musicali e culturali di Fabrizio De Andrè, di "Marcatrè" la super rivista pop, di Germano Celant e della sua scoperta dell'arte minimale, di quel genio di Edoardo Sanguineti, che poi Genova lasciò morire su una barella del Pronto Soccorso.

E che salto dopo la "folle colata di cemento" degli anni Cinquanta, Sessanta, con quella avanzata di mega condomini gialli, giallini e rossicci e negli anni Settanta con i quartieri ghetto sulle colline , poi lo stop anche drammatico occupazionalmente delle grande aziende Iri, veri kolossal caduti negli anni Ottanta come castelli di carte, lasciando cosa? Memoria tecnologica e industriale da primati mondiali, post fordismo a go go, anche imprese culturali (come dimenticare il lascito Italsider di Oscar Sinigaglia, tanto per fare un nome o le miniere di documenti della Fondazione Ansaldo?).

Città ferma nei suoi quartieri ottocenteschi, hausmaniani, elegantissimi e ora pieni di case vuote, immense, tra Castelletto e San Nicola. Città "super liquida di capitali" e di fortune tramandate nei secoli da grandi famiglie nobili, che contemplano i loro palazzi e qualcuno si è messo a rilanciarli, altri li sprangano al pubblico, segreti mirabili e intoccabili. Forse per fortuna, forse per disgrazia.

La città più vecchia d'Europa e forse del mondo, dove la sua banca-madre sparisce, dopo la lotta senza esclusione di colpi tra due "ottantenni".

Affascinante perché c'è il resto, quello che viene ora con il PNRR e tutti quei sei miliardi riversati in questa città, una dentro l'altra.  Ma non ovunque..... I caruggi, primo grande contenitore di immigrazione, ma non in periferia, nel cuore pulsante che nessun Pnrr salverà. I miliardi arriveranno sulle grandi opere del sindaco Bucci, che Draghi ha scelto come primo grande cantiere italiano.

Rinascimento?

Quando tutte le grandi opere sono un po' in discussione, ma quando il mercato immobiliare, crollato ai minimi, risale con colpi cinematografici. Quel grande regista di Los Angeles, che si compra la  villa a Castelletto che gli eredi non riuscivano a piazzare da anni e anni. Fatiscente e sfolgorante.

Tutto quel fervore in attesa del lancio del Water Front di piccoli e grandi imprenditori milanesi che vengono a dare una occhiata a Zena, la ex Superba dopo il  colpo di genio di Renzo Piano, che "in stato di grazia" - scrive sempre Romani - ha disegnato quel ponte e comprano locali e localini e si  piazzano in attesa che questa "città-mille città" diventi raggiungibile non solo dai turisti mordi e fuggi delle crociere a valanga, con il nuovo  treno da Milano e le alte velocità.

Bella domanda se questa è una città da nuovo Rinascimento o se, invece, è quella dove entri in un mondo e poi, come in un caleidoscopio coloratissimo, sprofondi continuamente, dal fondo del mare, dove la Diga Super dovrebbe trovare le sue fondamenta, alle funivie per le alture, dove i forti del Sei- Settecento vigilano silenziosi l'isolamento, pronto a rompersi, della Superba . O a rinserrarsi, visto che Zena è più bella così e le ondate nostalgiche, chi le ferma nella capitale dei capelli grigi e del record di denatalità?