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Sembra che accusarli tutti ci faccia stare meglio
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Mi piace spesso sedermi dalla parte del torto, visto che tutti gli altri posti sono sovente occupati. E lo faccio anche adesso, visto che è partita la caccia allo ‘youtuber’, dopo che uno di loro si è seduto a bordo di un Suv della Lamborghini senza essere in grado di guidarlo, forse anche perché rallentato da una canna, e ha ucciso un bambino.

La storia la conosciamo tutti e ci porta a Roma. Quattro youtuber hanno noleggiato una delle automobili più potenti della terra, la Lamborghini Urus, un vagone ferroviario iperalimentato che può superare i 300 all’ora, per una sfida: volevano restare ininterrottamente alla guida per 50 ore. Non si conoscono i dettagli di questo progetto, per lo meno non li conosco io, ma il gioco, a guardare il canale che gestiscono in rete, è abbastanza consolidato: fare qualcosa di insolito, filmarlo e attirare così i click del web.

La sfida, lo sappiamo, è andata molto male: dopo pochi chilometri al volante della supercar i quattro, alla guida c’era il leader del gruppo, il ventenne Matteo Di Pietro, si è andata a schiantare su una Smart ammazzando un bambino.

Quello che sarebbe un drammatico incidente stradale, provocato dalla giovane età, forse dalla droga e presumibilmente dall’eccitazione di essere a bordo di un’automobile tanto ambita, è diventato l’occasione per mettere alla sbarra un’intera generazione e, con lei, il sistema di valori che la caratterizza. Ed è questa deriva che trovo inaccettabile.

I video dei The Borderline, che non conoscevo prima del fattaccio, sono il classico esempio della creatività dei giovani d’oggi: i loro contenuti sono girati e montati con grande professionalità, si vede che dietro al progetto c’è un’organizzazione che sa quello che fa. Per intenderci, non sono dei ragazzini che fanno stupidaggini in giro e poi le riprendono con l’Iphone. Le loro sfide hanno tutte la caratteristica comune di mettere in palio dei soldi, di considerare il denaro come una questione centrale della vita: cioè pensano quello che noi, che siamo la generazione dei loro genitori, gli abbiamo insegnato a pensare. Con la differenza che loro poi mettono tutto on-line e i soldi li fanno per davvero.

Cosa c’entra tutto questo con la morte di un bambino? Ci fa sentire bene scagliarci contro tutti i giovani che si sono fatti un nome creando contenuti in rete dopo che uno di loro ha fatto una grossa cazzata?

Per quello che posso valutare dall’esterno i The Borderline non sarebbero mai rimasti alla guida di quell’auto per 50 ore: avrebbero finto di farlo e con un sapiente montaggio ce lo avrebbero fatto credere. Che è lo stesso, tanto per non girarci intorno, che abbiamo sempre fatto noi della tv. E in ogni caso non hanno provocato quel drammatico incidente per stanchezza perché, a quanto si apprende, l’incidente è avvenuto poco dopo avere noleggiato la macchina.

Si tratta, insomma, di un gravissimo errore di guida; forse della stupidità di un ragazzino che prende il volante di un’auto sportiva sbomballato dall’erba. Non è il crimine di un’intera generazione.

Mettete Matteo Di Pietro dietro le sbarre, se ci riuscite, ma non rinchiudete con lui tutti i ragazzi di vent’anni. Non hanno fatto niente di male.