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GENOVA - In tempi di “grande” politica, nel senso di “grandi” dibattiti, nel senso di temi vasti non certo di alto livello che quello ce lo siamo da un bel po' scordato, viene sempre più spontaneo occuparsi della città nel suo “piccolo”.

Spostando l'osservazione nella pancia profonda di Genova bisogna un po' dribblare le grandi opere, per le quali esaltarsi (sono tante e martellanti nella comunicazione) e guardare il giorno per giorno. La cura della città, la sua manutenzione, la sua fruizione. Questo è uno dei parametri con i quali si giudica la capacità e l'efficienza degli amministratori. Insieme ovviamente alla spinta di “visione” (vision nel linguaggio bucciano), di esecuzione (tiriamoci subito su le maniche, nel medesimo linguaggio), di programmazione (guardiamo avanti e via h 24.......).

Qui il corso che ci amministra da sei anni continua a dare prove che non si possono dimenticare o sottovalutare. E' cambiato il mood, il trend, lo spirito, certamente di chi traina e di larghi strati di popolazione. Non di tutti, mentre la opposizione a questa maggioranza nei palazzi e quel che è più grave nella città prevalentemente dorme o si perde in assenza di personalità forti, di programmi da contrapporre.

Ma su quell'altro fronte più “piccolo” e meno trasmissibile con quegli slogan?  A me colpisce non tanto la ancora latente manutenzione della città, che non sono solo le benvenute aiuole di corso Brigate Partigiane, o il traffico sempre più caotico già oggi e figurarsi cosa succederà quando partiranno i grandi cantieri della Diga e del presunto tunnel subportuale?

Mi colpisce per esempio che i genovesi siano un po' prigionieri proprio nelle piazzi principali di quello che è sempre stato il centro del centro. Portello è semibloccata da un cantiere per la costruzione di alcuni box e questi lavori sembrano eterni, anche se fonti autorevolissime ci dicono che finalmente tra il 20 giugno e il 9 luglio l'assedio finirà e quel luogo un po' particolare tra le due gallerie e tra i tunnel per andare nel paradiso di Caproni o per prendere la mitica funicolare di santa Anna, due bellezze uniche, saranno finalmente liberato.

Sempre che il “cubotto” di cemento, che ha fatto indignare Vittorio Sgarbi, non provochi altri sussulti.

Poi c'è piazza Corvetto, quella che se leggete le classifiche italiane è la più grande d'Italia per strade che vi confluiscono nel numero di 7 “affluenti”, da Via Assarotti a via Roma eccetera eccetera.

Per un anno sarà accecata nel senso che la chiusura del sotto passo più “occidentale” ha bloccato la circolazione perdonale in in un senso, obbligando il traffico pedestre a circumnavigare solo il lato verso via santi Giacomo e Filippo se “scendi “ e se “sali” non hai scampo che da via Roma girare a destra per raggiungere Assarotti, Palestro,, Martin Piaggio.

Unica alternativa quella che alcuni temerari osano ( e non da ieri) buttarsi in mezzo alla piazza sfidando i caroselli del traffico veicolare.

Era inevitabile perchè bisogna costruire una  galleria di servizio alla nuova stazione della metropolitana cucù, che dopo decenni sbarca a Corvetto.

E chissà quante ne vedremo ancora per la stessa ragione nella piazza. La chiusura accecante durerà un anno, secondo i cartelli che sono stati piazzati davanti agli sbarramenti. Un anno, se va bene e se altri cartelli non comunicheranno altre date e altre chiusure e deviazioni.

In una città dove la comunicazione, le passerelle pubbliche gli annunci sono una raffica quasi permanente, mi sarei aspettato una comunicazione più precisa. Molti turisti e anche molti genovesi ignari, anche dopo un bel po' dall'inizio della chiusura si buttano per il verso sbagliato e poi rischiano la pelle, trovandosi in mezzo alle macchine all'imbocco della galleria.

Non si poteva annunciare e segnalare e spiegare meglio? Non si potevano prevedere altri attraversamenti, come all'inizio di via san Giacomo e Filippo?

I genovesi respirano bene la “ripartenza” della città, il nuovo ottimismo? Benissimo. Ma magari vorrebbero respirare più tranquilli camminando nel centro della città