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Leonardo è una realtà molto complessa: nel 2022 ha avuto 14,7 miliardi di ricavi, 17,3 miliardi di ordini e 37,5 miliardi di portafoglio ordini
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Lorenzo Mariani potrebbe essere il nuovo direttore generale di Leonardo. Una mossa che segnerebbe il compromesso migliore, a questo punto, fra il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che avrebbe voluto proprio Mariani alla guida del gruppo, e la premier Giorgia Meloni, che invece in quel ruolo ha imposto Roberto Cingolani.

Cingolani è genovese di adozione, soprattutto per essere stato a capo dell'Istituto italiano delle Tecnologie. Da scienziato della Fisica prestato alla politica, ministro alla Transizione ecologica del governo guidato da Mario Draghi, ora è un manager a tutto tondo. Sale alla guida del più importante soggetto industriale nazionale dell'Aerospazio & Difesa, ottavo gruppo al mondo nel settore. Ma Cingolani ha un problema: fatto cento delle attività di Leonardo, lui può opportunamente mettere bocca su circa il dieci per cento di queste attività, vale a dire il Civile. Sul restante novanta, quanto cuba la Difesa, potrebbe incontrare delle difficoltà. Anche a causa di rapporti fin qui quasi inesistenti con i vertici militari delle diverse Armi italiane.

È su questo aspetto che gioca Crosetto nella sua personale partita con l'amica, quasi sorella, Giorgia. E Mariani alla direzione generale può essere l'ideale punto d'incontro, per la preparazione del manager che oggi sta alla guida di Mbda (missili).

Leonardo è una realtà molto complessa: nel 2022 ha avuto 14,7 miliardi di ricavi, 17,3 miliardi di ordini e 37,5 miliardi di portafoglio ordini. Inoltre il margine ebit del gruppo (utile prima di interessi e tasse) è stato del 6,5 per cento: buono ma non straordinario, se consideriamo che è stato inferiore a quello di altri competitori europei della Difesa comeThales, Bae Systems, Hensoldt e Rheinmetall.

Per Genova la nomina di Cingolani può essere una buona notizia, perché molte attività del Civile sono basate proprio all'ombra della Lanterna e potrebbero ricevere nuovo impulso, uscendo dal cono d'ombra della possibile vendita. Prima fra tutte quella Automazione Industriale di cui l'ex amministratore delegato, Alessandro Profumo, si sarebbe voluto in tutti i modi sbarazzare. Ora le cose potrebbero cambiare radicalmente.

Così come un futuro molto più attivo potrebbero averlo Ansaldo Nucleare e Ansaldo Energia (controllate da Cassa depositi e prestiti, cioè lo Stato), due aziende che appartenevano al perimetro di Leonardo-Finmeccanica. La prima per una mission che sta già nel suo nome, la seconda per una consolidata esperienza sia nella costruzione di centrali sia nel decomissioning, cioè lo smantellamento dei poli atomici: entrambe potrebbero se non diventare il fulcro di una nuova politica energetica, certamente essere delle protagoniste.

Cingolani, del resto, è un nuclearista convinto e proprio per tale ragione è uno dei personaggi più invisi a certe organizzazioni ambientaliste. Ma probabilmente è proprio questo il tratto, oltre ai legami non dichiarati fra Meloni e Draghi, che hanno spinto il premier a insistere nella sua scelta per la guida di Leonardo.

Se il nuovo presidente Stefano Pontecovo è un ambasciatore come in passato ce ne sono stati molti alla guida del gruppo, utile per i rapporti con le altre Cancellerie, Cingolani sarà invece con i colleghi di Eni (confermato al comando Claudio Descalzi) ed Enel (il nuovo Flavio Cattaneo, con il contributo del neo presidente Paolo Scaroni) un vero e proprio ministro degli Esteri. Collaborerà con il governo, in poche parole, alla costruzione di una politica energetica e militare del Paese, in una fase nella quale l'Europa e i singoli Stati saranno chiamati a scelte decisive per i prossimi cinquanta anni.

Inoltre, e certo non secondariamente, il nuovo timoniere di Leonardo rappresenterà un punto fermo nell'azione che l'Italia porterà avanti, come si dice da più parti, per riuscire a collocare sulla tolda di comando della Nato l'ex premier Mario Draghi. Si ha la conferma, dunque, che il gruppo Aereospazio & Difesa è andato a Cingolani per ragioni non casuali e che Meloni lo ha designato cercando di ragionare ad ampio raggio.

Poi, certo, quella delle nomine rimane anche una battaglia di potere nella quale la politica ci sguazza. Ma negli ultimi anni bisogna dire che, a parte rarissime eccezioni, non si è mai usciti dall'indicazione di manager i cui curriculum erano e sono inattaccabili. Comunque, un passo avanti.

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