Frastornato dall’aver ascoltato dal ministro Sangiuliano che Dante Alighieri ha preso la tessera di Fratelli d’Italia e confuso dall’ipotesi che i fratelloni Calenda e Renzi pensino di lanciare prossimamente un partito liberal-riformista, sono indeciso se gettarmi su una supplica al Pd affinché si scinda e un’ala rifaccia la Democrazia Cristiana, dove dentro ci stavano sinistra, centro e destra con un esercizio eccezionale dell’alternanza o se rifugiarmi nel passato. Ci ho pensato su una notte, non tutta perché non ne valeva la pena, e ho deciso che era più semplice rileggere la storia di questa nostra città, che invece vale sempre la pena e s’imparano tante cose. L’occasione me la offre l’invito che l’eroico libraio (i librai sono quasi tutti eroi) Luca Valenziano della San Paolo di piazza Matteotti mi ha fatto di presentare lunedì 6 febbraio un saggio davvero interessante. Si tratta di La scomunica ai comunisti, di Cesare Catananti con la prefazione di Andrea Riccardi e con un sottotitolo: protagonisti e retroscena nelle carte desecretate del Sant’Offizio.
Tra i protagonisti e poi vedremo perché c’era anche l’arcivescovo di Genova, il giovane (allora siamo nel 1949 e aveva 43 anni) Giuseppe Siri. Bene. Settantanni fa, proprio il 16 gennaio del 1953, papa Pio XII nominava Siri cardinale. Il più giovane cardinale dell’epoca e uno dei più giovani nella storia della Chiesa. Il neo porporato prendeva il titolo della chiesa di Santa Maria della Vittoria in via Venti Settembre con all’interno l’impressionante statua della “Transverberazione (Estasi) di Santa Teresa”, opera del Bernini, che con i raggi del sole che filtrano tra i vetri, si procura una fonte di luce “che agisce dall'alto, come un riflettore e che conferisce un senso realistico alla irruzione sulla scena di un fascio di raggi in bronzo dorato, così la luce che scende sul gruppo, attraverso i raggi, sembra momentanea, transitoria e instabile in modo da rafforzare la sensazione di provvisorietà dell'evento”.
Una cronaca del “Decimonono” racconta che per festeggiare la nomina Vittorio Pertusio, allora sindaco democristiano di Genova invitò a cena al Grand Hotel un po’ di genovesi che contavano. C’erano il ministro della Marina, onorevole Cappa, il presidente della Pontificia commissione di Assistenza, l’armatore Giacomo Costa, il capo del cerimoniale del Comune, avvocato Nanni, il conte Anselmo Foroni Lo Faro e consorte, il marchese Durazzo e un gruppo di sacerdoti fedelissimi: da monsignor Andrianopoli che dirigeva “Il Nuovo Cittadino” e scriveva corsivi decisamente pungenti, ai monsignori Guano, Crovari parroco di NostraSignora delle Grazie in corso Firenze, Granara “gran custode” della Madonna della Guardia, Cicali, Costa e l’imprenditore Benito Vaccari. Era atteso anche il pro-segretario di Stato, monsignor Montini che, però, non venne. Ma, questo si sa, i rapporti tra Siri e Montini non erano proprio dei migliori. Pertusio, grande avvocato, al termine della cena disse due parole. Brindò alla fortuna del nuovo Principe della Chiesa , ricordandone “le doti di mente e di cuore ed esprimendogli l’affetto di tutta la cittadinanza genovese e ligure”.
Pochi anni dopo, nel 1961, quando Pertusio sperimenterà (secondo dopo Milano) una giunta di centrosinistra con i socialisti, Siri scriverà un durissimo corsivo proprio sul giornale della Curia. Insomma tra i due c’era grande stima e grande sincerità. Perché Siri parlava con tutti, operai e camalli del porto fra i primi, dicendo quello che pensava. Anche e soprattutto dei comunisti. Ma proprio su Siri sono state scritte cose abbastanza superficiali e spesso è stato liquidato come “di destra” (applicando impropriamente un vocabolo politico) magari perché difendeva un atteggiamento della Chiesa rigoroso anche esteriormente. Nel 1949, racconta il saggio di Catananti, la sera del 13 luglio la Santa Sede ufficializzò il Decretum del Sant’Offizio di scomunica per i comunisti. Che fu una vera sorpresa perché “non veniva colpita solo la dottrina comunista da sempre condannata dalla Chiesa, ma anche e soprattutto quanti “scienter et libere”, la professavano, la difendevano, la propagavano. E questo accadeva per la prima volta”. Non tutti i vescovi, però, erano sulla stessa lunghezza d’onda e così non ci fu una linea comune orientata al rigore.
Per esempio proprio Siri, pupillo e delfino di papa Pacelli che lo avrebbe fortemente voluto suo successore nel conclave del 1958 che elesse papa Angelo Roncalli. “Lo stesso cardinal Siri – scrive Catananti – che si identificava profondamente nella visione pacelliana e che aveva più volte segnalato la pericolosità del comunismo al Sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Montini, disse a Pio XII non solo il suo accordo con il decreto, ma aggiunse i suoi dubbi: Li conosco gli operai, moltissimi di loro non sanno che cosa sia il comunismo, vi si aggrappano perché è l’unica ringhiera che è stata mostrata loro”.
Nell’intervista che il cardinale rilasciò al mensile “30giorni” un anno prima della sua morte racconta della scomunica: “In quel momento fu un atto opportuno perché salvò l’Italia dal comunismo. Però in linea generale questo provvedimento per forza di cose dovette essere dimenticato. Dissi al Papa: Non va mica bene perché io di comunisti veri non ne conosco”. Spiega Catananti che molta gente comune allora votava Pci per la semplice ragione che a quella forza politica “riconosceva la funzione di difesa di emarginati e sfruttati”. Forse ancora oggi questo dovrebbe essere il ruolo di un partito della sinistra?
IL COMMENTO
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