Con tutto il massimo rispetto per chi lo ha vinto, dal poker azzurro da Trentin a Viviani a Nizzolo fino a Colbrelli per non parlare di Pierino Sagan e Alex Kristoff, il campionato europeo di ciclismo non mi ha mai appassionato. Si disputa prima del Mondiale eppure ne sembra una fotocopia sbiadita, il caffè d'orzo rispetto a quello vero. Il calendario perde corse come foglie, anche storiche come - ne dico una sola - il Trofeo Baracchi, e ne trova altre dove più vivo brilla il denaro, ma è uno sport che vive soprattutto di passione e tradizione, perciò inventare nuove manifestazioni sembra un sacrilegio. Negli ultimi anni c'è stata una sola e fortunatissima eccezione, la Strade Bianche che era nata come un cimento amatoriale, con bici e tenute d'epoca, ed è invece ormai diventata la sesta Monumento, a giudicare dall'albo d'oro e da come i campioni vengono a correrla volentieri, dura e bella come la Roubaix però corsa in uno scenario fiabesco, le colline del Senese e l'arrivo in Piazza del Campo, opposto a quello desolante del Nord francese carbonifero.
L'Europeo attira tutti i migliori, certo, però fa l'effetto di quando alla kermesse iridata un italiano al sabato vinceva tra i dilettanti e poi il giorno dopo tra i professionisti era sempre coniglio. Infatti abbiamo vinto quattro edizioni su sei dell'Europeo ma non sentiamo suonare Mameli nella corsa più attesa ormai dal 2008, un'astinenza mai successa nella storia del Mondiale, che quest'anno celebra i quarant'anni dalla "fucilata" di Beppe Saronni a Goodwood il 5 settembre 1982 (nella foto).
Questo per dire che insomma l'Europeo 2024 a Genova sarebbe stata sì una gran bella cosa, sia per l'evento che per l'indotto commerciale turistico, ma per quanto riguarda gli appassionati avrebbe nutrito lasciando la fame. Lo abbiamo perduto ancor prima che venisse ufficializzato, quindi è come la cronaca di un amore mai nato. O forse lo spunto per tentare qualcosa di più grande.
Genova e la Liguria sono sedi della prima in calendario delle Monumento, la Milano-Sanremo evento sportivo regionale più importante nel mondo, e quasi abituali di tappe del Giro d'Italia, oltre che "padrone di casa" di Appennino e Laigueglia. Ma non hanno mai ospitato un campionato del mondo. Dal 1927 l'Italia ha ospitato la prova su strada 13 volte: 1932 Roma, 1951 e 2008 Varese, 1955 Frascati, 1962 Salò, 1968 e 2020 Imola, 1976 Ostuni, 1985 Giavera del Montello, 1994 Agrigento, 1999 e 2004 Verona, 2013 Firenze. Sono città non tutte di grande tradizione specifica, ma che corrispondono a sponsor potenti, oppure a potenti stile Cobram e stop.
Un Mondiale comporta uno sforzo organizzativo ed economico di grande rilievo, ma prevede un ritorno altrettanto importante anche in termini storici. E' un evento che richiede candidatura solida, tempestiva e documentata; il sostegno preliminare della federazione nazionale e del Coni; l'intervento di sponsor all'altezza, e in città ce ne sono se è vero che alcuni degli imprenditori più in vista e più facoltosi - niente nomi, sarebbe disdicevole - sono nel privato appassionati cicloamatori. E naturalmente l'impegno delle istituzioni. Il tracciato, specie adesso che la moda è quella di un percorso misto, con una prima parte iniziale in linea e la seconda nel classico circuito, sarebbe la cosa più facile e spettacolare e tecnica da disegnare. Il Basso Piemonte di Coppi e Girardengo per la prima parte, il resto sarebbe veduta della Superba dall'elicottero.
Quest'anno si corre a Geelong in Australia, l'anno prossimo a Glasgow, nel 2024 a Zurigo e nel 2025 addirittura a Kigali, capitale del Rwanda. Per il 2026 ci sono già lavori in corso: si muovono Portland (Oregon, USA), Plouay (Francia) e Montréal (Canada) che sono già state sedi mondiali nel 2000 e nel 1974, e... la Regione Marche. Un'eventuale assegnazione all'Italia allungherebbe ulteriormente i tempi di quello che a Genova per ora è un sogno di pochi. Tempo insomma ce n'è, l'idea la buttiamo lì. Qualcuno ignorerà, qualcuno recepirà. Naturalmente, non si correrebbe sulle piste ciclabili. Ma sarebbe bellissimo vedere un arcobaleno a Genova.
IL COMMENTO
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