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Fanno il giro del mondo e del web i video quasi spettrali delle urla dei cittadini di Shangai la sera, la rabbia è tanta tra i residenti della grande città cinese, dal 28 marzo costretti tra le mura di casa, in isolamento domiciliare
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SHANGAI-Il ricordo è vivo nelle mente di tutti i liguri, di tutti gli italiani. Strade vuote e uno strano silenzio. Il lockdown italiano ha fatto il giro del mondo, insieme a quello cinese, più duro, che nel 2019 ha "isolato" Wuhan dal resto della Cina e del mondo. Lo scenario, due anni dopo, è completamente diverso, il silenzio si è riempito di grida e lamenti a Shangai.

A 800 chilometri da Wuhan la megalopoli di Shanghai è ora in totale lockdown. Intasano il web i video delle urla quasi spettrali dei cittadini di Shangai. La rabbia è tanta tra i residenti della grande città cinese, dal 28 marzo costretti tra le mura di casa, in isolamento domiciliare. Frustrazione derivante dalle condizioni a cui sarebbero sottoposti da settimane e dall'assenza di consegne di generi alimentari e di prima necessità, uno dei maggiori problemi con cui le autorità della metropoli cinese hanno avuto a che fare in questi giorni.

Momenti duri, racconta a Primocanale Cecilia Lambruschi, genovese a Shanghai ormai da un anno: "Dipende dalla zona in cui si vive, con 26 milioni di abitanti la situazione è complessa da gestire. È anche la prima volta che ci troviamo in lockdown, perchè dall'inizio della pandemia, nel 2019, non c'è mai stato bisogno, i contagi erano sempre stati bassi".

Un lockdown che ricorda quello italiano ma ancora più pesante, con più limiti e regole: "Al momento siamo a casa, non si può uscire dall'appartamento. Si può scendere e camminare per il quartiere solo se ci sono delle condizioni particolari, per il resto è sconsigliato. Questo solo per noi, che siamo negativi. Per i positivi la situazione è diversa: le persone sono state portate in hotel o posti di isolamento specifici, ma ora i casi sono davvero molti e quindi il governo potrebbe anche decidere di autorizzare l'isolamento a casa".

"Io mi trovo nel centro città - continua Cecilia -, che al momento è servito dal Governo con rifornimenti di cibo e beni, ma so anche di zone più periferiche in cui è difficile ricevere i viveri e li la rabbia c'è, aspettano che finisca tutto e che la vita torni alla normalità. Per ora non c'è una data di 'scadenza', aspettiamo pazientemente. Il problema è legato alla variante Omicron: i positivi sono tantissimi ed è facilissimo contagiarsi. Fino ad ora la politica C'ovid 0' della Cina aveva funzionato, ma questa variante è molto difficile da controllare".

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