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Un sondaggio racconta dell'insoddisfazione lavorativa che porta molti a desiderare di cambiare lavoro: i motivi sono vari e vanno dallo stipendio alla ricerca di maggiori opportunità per la crescita professionale, il contenuto del lavoro, l’autonomia
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GENOVA - Nella Giornata internazionale della felicità, i dati raccolti dall’Osservatorio BenEssere Felicità mostrano un quadro poco incoraggiante per chi abita nel Nord Ovest italiano, tra cui rientra anche la Liguria. Secondo il sondaggio, il 49% degli intervistati, specialmente generazione z e operai, sogna di cambiare lavoro, quattro punti percentuali in più rispetto alla media nazionale. Un dato che ben esprime quel senso di insoddisfazione che si sta sempre più accentuando negli ultimi anni, specialmente dopo lo shock della pandemia che ha cambiato nella vita delle persone l'ordine delle priorità. 

"Il lavoro ha un ruolo attivo nell'alimentazione della felicità. Non è un'impressione, non è trascurabile, è un fatto. Dalla nostra ricerca emerge chiaramente anche uno scollamento nel percepito dei lavoratori: se è vero per il 76% che il loro lavoro migliora l’azienda, non si registra invece reciprocità in termini di soddisfazione dei bisogni, che per il 35% non sono soddisfatti dal proprio lavoro. Man mano che viene data centralità al lavoratore, lo scollamento si fa ancor più esplicito: per il 41% il lavoro non dà un senso alla vita, per il 47% non aiuta a capire sé stessi", evidenzia in una nota Sandro Formica, vicepresidente e direttore scientifico dell’Associazione Ricerca Felicità. 

Quali sono i motivi che spingono le persone a voler cambiare occupazione? In primis lo stipendio, ma pesano anche altri fattori per un buon 30%: si va dalla ricerca di maggiori opportunità per la crescita professionale, il contenuto del lavoro, l’autonomia, le aspirazioni fino all’attenzione alla salute mentale. C'è poi una terza componente, un buon 20%, che mette al centro l'importanza di conciliare tempo libero e lavoro e l'essere apprezzati sul proprio posto di lavoro. Solo il 3% ritiene importante il brand o l'azienda per cui si lavora. 

Cambiano i tempi e cambia anche il modo di pensare. Ma la felicità è un qualcosa che va coltivato giorno per giorno, come ci ha spiegato l'esperta, la dottoressa Nicoletta Cinotti, che ha invitato giovani e meno giovani a "imparare la gioia dell'attesa e la gratitudine". 

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La ricerca ha coinvolto 1000 persone rappresentative di tutte le generazioni attive, secondo il loro peso fisiologico nel mercato del lavoro (dalla Generazione Z ai Boomer).

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