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A scatenare la polemica dei residenti un ufficio confiscato ai Canfarotta, sulla cui saracinesca era stato dipinto un murales che ricordava la confisca. Il Municipio l'ha sostituita per mal funzionamenti ma ora manca una testimonianza
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GENOVA - Fino a qualche anno fa passando in via della Maddalena si poteva notare una saracinesca particolare, dove era dipinta una sagoma che invitava a farsi un selfie sulla quale capeggiavano le scritte "Un bene confiscato apre alla bellezza" e l'hastag "#tiracisumadda", una sagoma le cui gambe "spingevano verso l'altro per dire riapriamo questo bene" racconta Luca Curtaz, vice presidente di Ama ovvero l'associazione degli abitanti della Maddalena. Quello infatti è uno dei tanti beni confiscati ai Canfarotta nel centro storico di Genova, un ufficio oggi affidato ad una cooperativa che distribuisce bidoncini dell'umido e tessere per Amiu che apre due giorni a settimana per poche ore, e dovrebbe continuare a rappresentare un presidio dell'anti mafia per raccontare "cos'è un bene confiscato, la confisca Canfarotta, l'importanza di questo strumento per colpire la criminalità organizzata che continua ad essere presente nel quartiere e nel centro storico" spiega Curtaz.

Da tre anni però quella saracinesca è stata sostituita per malfunzionamenti dal Municipio I Centro Est, a cui è stato affidato il bene, e non è rimasta nessuna testimonianza della confisca: per questo l'associazione Ama ha appeso un cartello di protesta che chiede di fare memoria, chiedendo al Municipio I "come sarebbe obbligatorio dal bando, di ricordare con una targa il valore sociale, culturale e di riqualificazione che ha questo luogo, che è stato affidato alla collettività: bisogna continuare a ricordare alle istituzioni che bisogna trasmettere il messaggio che questo è un bene confiscato anche se le serrande sono chiuse", racconta Curtaz.

Il presidente del Municipio I Centro Est Andrea Carratù ammette i ritardi, "prima c'è stato il Covid, poi con le elezioni non potevamo fare programmi di spesa ma rimedieremo", ed è pronto a "favorire e finanziare la realizzazione dei progetti dei cittadini, come abbiamo fatto per esempio con l'associazione Agorà che ha dipinto un murales ai giardini Don Acciai". Poi confessa: "Mi sarebbe piaciuto metterci degli uffici pubblici che secondo me rappresentano un ottimo presidio, se fosse per me svuoterei il matitone e metterei tutti gli uffici pubblici nel centro storico. Purtroppo in questo bene manca il bagno, questo limita l'utilizzo per legge.

Ma si può creare un calendario autogestito con dei turni per permettere a tutti i cittadini che lo desiderano di tenerlo aperto con tante attività". I cittadini vorrebbero trasformarlo in un punto informativo sulla mafia e sulla confisca Canfarotta ma nell'attesa chiedono che venga affissa una targa per ricordare la confisca, un tempo testimoniata da quella saracinesca di cui oggi resta solo la "Madonnina del selfie", una sorta di edicola votiva pagana che raffigura una ragazza che scatta una foto proprio a chi si fotografa davanti al bene confiscato, dipinta da un artista ignoto sul palazzo di fronte al garage. "La confisca è stata per molti anni ferma e il percorso di assegnazione dei beni confiscati è stato molto complicato - conclude Curtaz -. Anche grazie ad una forte spinta dal basso l'amministrazione ha preso in carico questi beni e li sta riassegnando. Però è importante il valore che ha questo luogo, dobbiamo ricordare che i beni confiscati vanno restituiti a tutti i cittadini".