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GENOVA - A Genova si è scatenata un'ondata di solidarietà per la famiglia di Chockri Bouhali, l'operaio morto a Pegli cadendo da un tetto lo scorso 22 marzo. Su GoFundMe sono stati raccolti 14.700 euro in poche ore in aiuto della moglie e della figlia di soli 11 anni.

"Chokri, Fadoua e la piccola - si legge - sono una famiglia marocco-tunisina integrata appieno nella società pegliese. Sono molto conosciuti grazie al lavoro edile del padre. Sono una bella famiglia, solare, disponibile e umile".

La tragedia è avvenuta poco prima delle 14 in via Carpenara. Bouhali stava lavorando sul tetto di una palazzina di due piani. "Quel giorno non doveva venire a lavorare. Doveva fare altre commissioni". È quanto aveva detto la moglie di Bouhali, tunisino da 25 anni in Italia. L'uomo lascia una figlia di 11 anni.

Genova, operaio muore cadendo da un tetto a Pegli - LEGGI QUI

Chokri Bouhali aveva prima lavorato come artigiano e tutto fare per altri colleghi e da qualche anno aveva aperto la partita Iva per lavorare in proprio. Quel cantiere era uno dei lavori più importanti che stava eseguendo in questo periodo. Sul posto, che si trova sulle alture in aperta campagna, è arrivato per primo il fratello che lo ha caricato sul suo motocarro per portarlo più velocemente sulla strada principale. Inutili i tentativi di rianimarlo da parte del 118. 

"Il destino - scrivono gli organizzatori della Parrocchia Immacolata - ha voluto cambiare il futuro di questa famiglia".

"E così - continuano - ora noi siamo qua a chiedervi un aiuto per tutto ciò che possa servire ora e domani. Noi non vogliamo perderle, vogliamo poter dare un futuro alle nostre amiche, vogliamo continuare a rendere possibile - proseguono - la speranza che li ha portati ad allontanarsi da casa per trovarne una nuova qui a Pegli, qui tra noi".

La raccolta ha avuto 325 donazioni. È raggiungibile al link https://www.gofundme.com/f/ridoniamo-una-speranza-a-lina-e-fadoua 

ROMA - Un incontro in chiaroscuro quello che si è consumato a Palazzo Chigi nel pomeriggio di ieri, lunedì 26 marzo, dove intorno al tavolo si sono seduti i rappresentanti del governo da un lato e tutti i sindacati dall'altro. Al centro, c'era, il futuro dell'ex Ilva. Quello che è emerso è che la manutenzione degli impianti potrà partire subito. Nelle prossime ore, la società proprietaria degli stabilimenti, verserà ad Acciaierie d'Italia 150 milioni di euro. Lo step successivo avverrà entro un mese, con i commissari che presenteranno il piano industriale, necessario per ottenere da Bruxelles il via libera al prestito ponte di 320 milioni, che dovrebbe arrivare nelle prossime settimane.

Si tratta di "quei" oltre 300 milioni di euro, di cui si parla da mesi, fondamentali per salvare l'acciaio in Italia. Il governo ha provato a rassicurare i sindacati, illustrando i passaggi che riguarderanno i poli siderurgici italiani. Nell'incontro a Chigi erano presenti Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm, Ugl e Usb, il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, accompagnato dalla ministra del Lavoro Marina Calderone e dal titolare dell'Economia Giancarlo Giorgetti. Quello che è emerso è che i lavori di manutenzione degli impianti potranno partire subito, anche se ci vorrà più tempo per riportare a regime gli altiforni. Insomma, inutile negare che il livello di produzione resterà basso, almeno per l'anno in corso. Il prestito ponte da 320 milioni di euro per la gestione delle attività di Acciaierie d'Italia dovrà ottenere il via libera dall'Ue. E fin qui, potremmo dire, tutto tranquillo sotto il cielo romano, tranne che su un aspetto, quello legato alla cassa integrazione e al futuro lavorativo di migliaia di dipendenti.

I sindacati erano convinti di ottenere garanzie sui primi rientri dei lavoratori in cig, conferme che non sembrano essere arrivate. "Eravamo arrivati con la convinzione che le nozze con i fichi secchi non si fanno - aveva commentato a caldo il segretario generale della Fiom Cgil Michele De Palma -. Perché i lavoratori che fanno le manutenzioni e le attività di messa in sicurezza possano rientrare tutti pienamente al lavoro è necessario che le risorse arrivino rapidamente, 150 milioni non bastano". Sulla stessa lunghezza d'onda anche la Uilm, più positivo invece il giudizio della Fim Cisl, attraverso le parole del segretario Ferdinando Uliano: "Ci è stato ufficializzato che alcuni impianti necessitano di un intervento importante, per cui serviranno circa sette mesi, per tornare a 6 milioni di tonnellate di acciaio. I 150 milioni sono un passo importante". Insomma, la luce in fondo al tunnel sembra vedersi, nonostante a preoccupare sia ancora il futuro occupazionale della siderurgia. 

"Comprendo la preoccupazione dei sindacati e la loro richiesta di giungere in tempi rapidi a una risoluzione - commenta a Primocanale l’assessore allo Sviluppo economico di Regione Liguria Alessio Piana -. Il lavoro in atto è molto e il governo si sta muovendo bene con una prospettiva industriale, credo che sia positivo che si parta con queste risorse e che i lavoratori rientrino per la messa in sicurezza, necessaria per dare continuità alla produzione per i lavoratori".

Un importante passo avanti ma che dovrà essere integrato, soprattutto nella prospettiva di crescere economicamente e produttivamente.

"Non saranno sufficienti e bisognerà aumentare anche la dotazione economica per far rientrare tutti e agganciare questa disponibilità creditizia, anche grazie al prestito da 320 milioni che consenta la piena operatività - prosegue l’assessore Piana -. Sono altresì sicuramente necessari degli ammortizzatori sociali per lavoratori diretti e per quelli dell’indotto".

Assessore Piana, qual è quindi il futuro del polo siderurgico di Genova?

É importante mantenere il polo genovese ed è importante che vengano compiuti quegli interventi di messa in sicurezza e adeguamento degli impianti, che possano consentire di dare continuità alla produzione della banda stagnata e di quello che avviene all’interno dei nostri stabilimenti.

 

ROMA - Nelle prossime ore saranno trasferiti 150 milioni da Ilva AS ad Adi (Acciaierie d'Italia) per la manutenzione degli impianti ed entro un mese verrà presentato il piano industriale. Lo ha detto il Governo ai sindacati nell'incontro in corso sull'Ex Ilva, secondo quanto si apprende.

Il Governo ha assicurato che non ci sono particolari criticità sul prestito di 320 milioni e nelle prossime settimane ci saranno risposte definitive dall' Europa. Il ministro per le Imprese e il Made in Italy Adolfo Urso ha spiegato che ci vorranno tra i 6 e i 7 mesi per la manutenzione dei due forni 1 e 2 e che pensa di riunire i commissari questa settimana per allinearsi sul nuovo contratto di affitto.

Al tavolo sono presenti per il Governo, oltre al ministro Urso, il ministro del lavoro e delle politiche sociali Marina Calderone, il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti in videocollegamento e il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Per i sindacati presenti i rappresentanti di Fiom Cgil, Fim-Cisl, Uilm-Uil, Usb e Ugl metalmeccanici.

Secondo quanto riferito da sindacati, l'obiettivo delineato dalla ministra Calderone era di creare condizioni per la continuità aziendale e ammortizzatori per tutti i lavoratori di Adi (coperti per tutto l'anno 2024). Sono state previste misure specifiche anche per lavoratori dell'indotto, con una cig fino a 10 settimane, riferiscono ancora i sindacati. La ministra ha assicurato che se ci saranno ulteriori esigenze, il Governo sarà pronto ed elastico per realizzare nuovi interventi.

Sempre da fonti sindacali si apprende che il ministro Giorgetti avrebbe assicurato che il governo sta preparando il decreto interministeriale per il prestito ponte da 320 milioni per la gestione delle attività dell'azienda, appena i commissari faranno la richiesta. Il commissario Quaranta ha detto che crede di concludere la disamina sulla situazione degli impianti per la prima metà di aprile e su quello si farà la richiesta sulle risorse - per il riavvio dell'altoforno 1 ( fermato luglio 2023) sarà necessario il rifacimento completo - idem per il 2 ( fermato a gennaio 2024).

GENOVA - "In questo momento più che mai a Confindustria serve una leadership forte e autorevole, che sappia recitare un ruolo strategico nel processo di competitività e modernizzazione del Paese". Lo spiega il governatore della Liguria Giovanni Toti, che segue molto da vicino il dossier Confindustria, in un'intervista a Repubblica.

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"Ognuno ha diritto di far valere le proprie ragioni, ma alla fine deve prevalere lo spirito di squadra. E la mia Liguria dev'essere la prima ad averlo chiaro di fronte alla competizione tra Garrone e Orsini", prosegue.

"Senza nulla togliere agli ultimi presidenti, Boccia e Bonomi, quelle di Garrone e Gozzi sono state due candidature autorevoli rappresentanti della grande industria, sia tradizionale che dell'innovazione, basti pensare ai gruppi, Erg e Duferco, che rappresentano", spiega ancora Toti che sottolinea come da presidente della Liguria il suo auspicio è che "il prossimo presidente di Confindustria sia ligure".

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Questo infatti "sarebbe anche un riconoscimento al percorso di sviluppo economico che questa regione ha intrapreso dalla ricostruzione del ponte di Genova in avanti - sottolinea - . L'altra considerazione, fondante per tutti credo, è che non sarebbe una buona partenza in un momento in cui il sistema paese ha bisogno di trovare equilibri più avanzati, iniziare con una guerra senza quartiere. E non sarebbe neppure un buon esempio nei confronti della politica e dei cittadini".

"Personalmente, in questi mesi avrei gradito una presa di posizione netta da parte degli industriali sul rigassificatore in Liguria, ma non è mai arrivata, mentre si erano levate alte e forti le proteste per gli extracosti di gas e energia dopo lo scoppio della guerra in Ucraina", conclude.

GENOVA - Dall’alimentare agli impiantisti: il girone infernale della burocrazia per le piccole imprese tocca a tutti i settori.

Per poter consumare un prodotto gastronomico all’interno di un’attività artigiana, leggi e burocrazia impongono sedute scomode e vietano l’uso di piatti di ceramica e posate in metallo. Gli impiantisti che operano su più regioni devono destreggiarsi tra i diversi catasti degli impianti termici in quanto ogni regione ha sviluppato una propria piattaforma con modalità di accesso e procedure specifiche. E se si passa all’autoproduzione energetica le procedure sono complesse e districate, anche per i professionisti che assistono le imprese.

L’Osservatorio Burocrazia realizzato dalla CNA nazionale, giunto alla quinta edizione, ha indagato l’impatto della riforma costituzionale del 2001 su otto mestieri (Alimentare con consumo sul posto, installazione e manutenzione impianti fotovoltaici, tatuaggio, piercing, acconciatura, estetica, toelettatura di animali, meccatronica), quasi 400 mila imprese, dal quale emergono numerose criticità nell’attività d’impresa a causa di un variegato contesto normativo e amministrativo.

L’approfondimento questa sera alle 21 su Primocanale.