Cronaca

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"E' un dramma che fa emergere le ferite di questa città". Don Andrea Gallo guarda con lucida umanità la tragedia del maltempo che ha portato via sei vite. Manda un abbraccio ai parenti, ha sofferto davanti alle immagini apocalittiche dell'alluvione. "Ora - dice - bisogna fermarsi a riflettere, dobbiamo guardarci dentro. Perché nessuno può dire di avere la coscienza a posto". Il prete della comunità di San Benedetto conosce bene il quartiere di Marassi e la zona di Quezzi. "Quando anni fa andavo a fare gli incontri in largo Merlo, proprio sopra via Fereggiano - ricorda - mi dicevo, mamma mia che paura questi palazzoni costruiti sui pendii, sembra che ti cadano addosso. E di 'mostri' la città ne ha tanti, il Biscione, il Cep, le Dighe, Begato... Tutti quartieri per la povera gente". Don Gallo torna con il pensiero ad un'altra alluvione, quella del '70. ''Allora, ero fuori a spalare con i miei ragazzi. Il sole uscì presto dandoci una mano, ora invece non si sa come finirà perché continua a piovere. La verità però è che dagli anni Settanta non si è smesso di deturpare le colline e la costa. Ancora una volta non c'é stato un progetto politico; nessuno si é mai chiesto, come la vogliamo questa città? E la democrazia, che nasce dal basso, nei quartieri, ha ristretto i suoi ambiti, sempre di più. Ci si mobilita contro il progetto di una moschea e non contro i palazzoni tirati su alla buona. La pioggia è tanta mentre è poca la partecipazione dei cittadini, mentre tutti dovremmo rimboccarci le maniche. Ora si deve spalare, dopo bisognerà far sentire la propria voce".