Cronaca

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"Sono solo supposizioni, non c'è nulla di concreto. Io sono serena. Non ero in casa quando mio figlio è stato ucciso. Io non gli ho fatto nulla". Ecco le prime parole di Katerina Mathas il giorno dopo la pubblicazione della sentenza della Corte d'assise di Genova che l'ha collocata all'interno del monolocale del residence 'Vittoria' di Nervi la notte del 15 marzo 2010 quando è stato ucciso suo figlio Alessandro di 8 mesi. Nelle duecento pagine firmate dai giudici in cui si trova la motivazione della condanna a 26 anni a carico del broker Giovanni Antonio Rasero, 29 anni, vi è anche un atto di accusa nei suoi confronti, descritta come "manipolatrice" e certamente presente sul luogo del delitto quando il piccolo Alessandro è stato afferrato per le cosce e sbattuto almeno due volte a terra. Il pm Marco Airoldi si era persuaso, nelle prime indagini, che la donna al momento dell'esplosione della violenza contro il figlio, si trovasse fuori casa, a caccia di droga. Katerina insieme al compagno, l'uomo che ha indicato come padre naturale di Alessandro, con cui si è rimessa tre mesi dopo il delitto, ribadisce: "Sono solo supposizioni". E lui brevemente aggiunge: "Sono solo calunnie, lei non ha fatto nulla. Già soffre per la morte di un figlio. Ora anche questo. Ma sappiamo bene in che mondo viviamo...". Nessuna azione è stata per ora intrapresa dalla Procura nei confronti della donna, su cui pendono due capi di imputazione, il primo per abbandono di minore con conseguente morte, il secondo per concorso in omicidio volontario del figlio, reato contestato dopo la lettura della sentenza a carico di Rasero da parte della Corte d'assise di Genova.