Cronaca

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Lavorava come bidella in una scuola genovese ed è morta, a 63 anni, per le inalazioni di polvere di amianto presenti sul posto di lavoro: i familiari hanno citato in giudizio il Comune di Genova, in qualità di datore di lavoro, poichè non avrebbe predisposto per la propria dipendente un ambiente lavorativo che la tenesse immune dal rischio di contrarre la malattia. Nei locali dove lavorava la donna non vi era alcun sistema di depurazione o di aspirazione dell'aria nè finestre per un'eventuale ventilazione. La donna non poteva disporre nemmeno di mascherine per proteggersi dalla sollevazione delle polveri ogni qualvolta si occupava della pulizia dei locali. La genovese aveva lavorato per 26 anni come dipendente del Comune di Genova come bidella del liceo artistico 'Barabino' ed operava nei locali adibiti all'archiviazione dei documenti accanto alla palestra. Nel 2003, a seguito di una visita all'ospedale San Martino di Genova, le venne diagnosticato un mesotelioma pleurico e quattro mesi più tardi la Asl 3 genovese la dichiarò invalida al cento per cento, a causa della patologia, ritenuta di natura professionale, scatenata dall'amianto. L'Inail, dopo aver accolto la sua domanda, le aveva assegnato una pensione di invalità. Pra i familiari della bidella hanno trascinato in giudizio il Comune di Genova chiedendo un risarcimento per la morte della donna, moglie e madre di due figli, di 600 mila euro, oltre ai danni morali in qualità di eredi. La famiglia della dipendente comunale è assistita dall'Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro (Anmil) tramite il legale Francesco Firriolo.