Cronaca
La classe operaia non va in paradiso
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Trovate un operaio vero nelle liste elettorali e avrete un premio. Trovate un operaio vero, di quelli che alle 6 del mattino sono già in fabbrica, chiusi nella tuta. Di quelli che fanno i conti e i bilanci a partire da metà mese. Di quelli che se aumenta il pane hanno problemi e se cresce il prezzo della tazzina di caffè, ci rinunciano. Provate a verificare quanti ce ne sono nelle decine di liste e listarelle depositate in tribunale per le prossime elezioni. Fatemi sapere se c’è qualche operaio vero messo in una posizione sicura, cioè tra questi fortunati che andranno in Parlamento a fare i politici di professione, con un ottimo stipendio e un mare di benefici vari, biglietti omaggio, tessere, caffè e brioches, barba & capelli e comparsate televisive. Non c’è nessuno. L’unico che c’era, Sergio Olivieri da La Spezia di Rifondazione comunista, operaio della Termomeccanica, è stato messo praticamente fuori. In una posizione nella lista della Sinistra L’Arcobaleno dove non uscirebbe nemmeno se Bertinotti riuscisse a replicare il miracolo di San Gennaro, che, si sa, non ne sbaglia una. Almeno a Napoli. Fuori per far posto ad altri. Ci ha provato Giacomo Conti, segretario ligure di Rifondazione a sollevare il caso con il clamoroso gesto di un digiuno che già si sapeva sarebbe stato inutile. Ha ricevuto tante pacche sulle spalle, telegrammi. L’unico operaio, quindi, se ne starà a casa e potrà ritirare fuori dall’armadio la sua tuta blu. Con l’esclusione di Olivieri si taglia fuori una rappresentanza importanza in un territorio dove i problemi del lavoro che c’è (e di quello che manca) sono purtroppo spesso legati alle tragedie, alle morti bianche, alla mancanza di sicurezza, al precariato. La Liguria, regione ancora operaia (anche se sempre meno), regione dove Rifondazione ha un ricco bacino di voti, preferisce professionisti e imprenditori, gessati e grisaglie. Le tute sono passate di moda. Con i loro diritti.
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