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Il presidente ce l'ha con il direttore sportivo, il tecnico con Askildsen e i giocatori, i tifosi con le restrizioni allo stadio. E la squadra affonda
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Un’altra sconfitta, con altri tre gol sul groppone. Dopo il k.o. casalingo con l’Atalanta, ecco scendere in campo a Torino contro i granata di Juric la peggior Sampdoria della stagione. Che era iniziata anche benino sul piano del gioco, poi via via la squadra di D’Aversa si è attorcigliata su se stessa, sul cambio di cinque moduli, sino a smarrirsi del tutto proprio quando il calendario, sulla carta, stava diventando più abbordabile.



L’allenatore ha scelto come capro espiatorio dell’ennesima debacle collettiva il giovane Askildsen, sul quale si è accanito palesando scarsa personalità: il norvegese è entrato al 69° minuto ed è stato sostituito all’81° della partita con Ciervo che esce di panchina. “E va già bene che non l’abbia picchiato”, ha voluto rincarare la dose D’Aversa, la cui prova muscolare avrebbe avuto senso se orientata su un senatore e non su un ragazzino, per quanto indolente, di appena vent’anni.



L’anno scorso, tanto per fare un esempio, anche l’esperto Claudio Ranieri se l’era presa sì, ma con Antonio Candreva.




Tuttavia, gettare adesso la croce addosso per le recenti disfatte blucerchiate soltanto a D’Aversa o al calciatore o ai calciatori di turno sarebbe riduttivo. I tre gol di Praet, Singo e Belotti, a fronte di nessuna conclusione dei blucerchiati, hanno origini ben più lontane.



In un presidente ed un proprietario, per esempio, alle prese con il rischio fallimento delle sue aziende personali piuttosto che con la situazione della Sampdoria, costruita, allenatore compreso, in base alle esigenze di bilancio e non tecniche. Da una società stessa in guerra legale con i suoi dipendenti, si veda il caso di Carlo Osti, trascinato addirittura davanti ad un tribunale del lavoro. Ad un direttore generale superstite, Daniele Faggiano, la cui prima dichiarazione ufficiale è stata: “Con Ferrero si va avanti ad alti e bassi”. Da una tifoseria ormai distaccata, disillusa ed in parte impegnata in lotte per altri obiettivi, tipo la rimozione del green pass allo stadio, come testimoniano le poche migliaia di persone allo stadio “Ferraris”.



Insomma, una sorta di tutti contro tutti: Ferrero contro Osti, D'Aversa contro la squadra, i giocatori (forse, magari, chissà) contro l'allenatore, i tifosi contro le restrizioni.



In questo quadro di desolazione generale, D’Aversa è stato confermato, a mio parere giustamente, sino a domenica con il Bologna: toccherà a lui, almeno in campo, ritrovare il bandolo della matassa.



In caso di ulteriore insuccesso, l’esonero sarebbe tuttavia inevitabile. Sempre che la Sampdoria possegga le risorse per tesserare un altro allenatore, come il sempre invocato e mai richiamato (forse perché troppo ben visto dai tifosi)  Beppe Iachini, probabilmente l'unico rimasto su una piazza poverissima di soluzioni. Tranne quella del ritiro anticipato di gaucciana memoria.



Peccato per la povera Sampdoria. Il cui organico non sarebbe nemmeno da disprezzare per la disputa di un campionato tranquillo. Ma la corda è troppo tesa e in un modo o nell'altro, qualcuno o qualcosa, dovranno allentarla per evitare la progressiva deriva verso l'ignoto.