cronaca

Il ricordo nel giorno dei funerali a Castelletto
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Dedico queste breve righe del sabato alla scomparsa di Paolo Pescetto, un uomo importante di questa città, imprenditore, campione autentico in tanti sport, volontario in tante operazioni di solidarietà che è difficile ricordarle tutte. Lo faccio perché a volte Genova dimentica i suoi segreti migliori, i personaggi meno desiderosi di apparire, ma che come formiche hanno lavorato per gli altri, partendo da famiglie magari tradizionali, forti economicamente, della cosiddetta borghesia solida, ma aperte, disponibili, fondate sui valori importanti della fede, del volontariato, della generosità, dell’impegno sociale sempre e comunque, trasmessi per generazioni nel mondo che cambia, nella società che si capovolge nei suoi valori.

Paolo Pescetto era dei “Pescetto delle farmacie”, per distinguere il suo ramo da altre famiglie con quel nome importante nella città ,e aveva avuto un padre impegnativo come Franco, che è stato un leader carismatico non solo in famiglia, ma nella società genovese, nei suoi impegni professionali, politici, assistenziali.
Paolo ha lottato fino a 86 anni con una malattia che negli ultimi anni lo ha privato di tutto, forse meno che del suo sorriso e del suo sguardo limpido. Ma fino a che ha potuto era un uomo forte, la rappresentazione non solo del vigore fisico, dimostrato in tante eccellenze sportive nazionali nel rugby, nell’atletica, nella vela, nello sci, ma anche nella capacità di manager, brillantemente a capo per tanti anni della “Giglio Bagnara”, nei tempi d’oro di questa azienda, che porta il nome di sua madre.

Paolo faceva parte di una famiglia numerosa, che al di là della retorica, è stata ed è ancora un architrave di un sistema di assistenza sociale molto forte, molto tipico in una tradizione appunto “borghese” di Genova. Non è un caso che il suo fratello minore Giorgio, il più atipico dei figli del leggendario Franco, sia stato stato giovane assistente sociale, poi sindacalista e inventore con altri uomini di buona volontà, ai tempi di Beppe Pericu sindaco, del Piano Regolatore sociale, quel progetto nobile e generoso di creare una stabile rete di assistenza per le fasce disagiate della città, quelle che la rete di protezione non riusciva a salvare dalla miseria e dalla povertà.

Paolo era anche un uomo affascinate con quello sguardo chiaro, quei grandi baffoni bianchi, il passo sportivo, la capacità comune ai Pescetto di essere vivi e pimpanti non solo negli impegni seri del lavoro, della socialità del volontariato, ma anche di giocare, scherzare, fare spettacolo, fosse quello della Baistrocchi, fossero i mitici “Caracalla” degli anni Sessanta-Settanta, show inventati da ragazzi ingegnosi e generosi per fare soldi per gli alluvionati, di cui tanto si ricorda oggi nei giorni degli anniversari.

Ricordarlo nel giorno che lui se ne va salutato da una vera marea di amici nel funerale di Castelletto, significa non solo rendere merito ai Pescetto, a questa vocazione silenziosa ma forte di una città aperta, generosa, volontaria, capace di trasformare anche i propri dolori privati in opere di bene, come capitò proprio a lui che, persa prematuramente la moglie, Nicoletta Panarello, in un terribile incidente stradale, gettò tutte le sue grandi energie nel volontariato. Sorridendo sempre.