"Non sono scappato abbandonato moglie e figli, ma ho fatto l'unica cosa che potevo per garantire alla mia famiglia un futuro in Europa dove almeno avranno l'acqua corrente e l'elettricità...".
A parlare è Alì, un rifugiato afgano di 38 anni che nei giorni scorsi ha raccontato la sua storia a Primocanale: "Sono arrivato in Italia sei anni fa dopo un lungo viaggio in un sottofondo di un tir e ora prego ogni giorno affinchè mia moglie e i miei due figli possano raggiungermi a Genova. Quando sono scappato in Aghanistan c'era solo miseria, adesso ci sono anche i talebani, io non posso rientrare perchè sono un ex poliziotto e mi ucciderebbero subito".
Una storia, quella di Alì, che ha suscitato molti commenti sui social, positivi, di solidarietà, ma ancor più di critiche, di persone che rinfacciano al rifugiato di avere abbandonato moglie e figli, alcuni persino gli hanno dato del vigliacco.
E' per questo, per dargli la possibilità di rispondere di persona alle illazioni, che siamo andati a parlare con Alì.
"La prima volta che sono andato via dall'Afghanistan - spiega il rifugiato - ero un ragazzo, non ero sposato e attraverso la rotta balcanica in mesi di tappe nascosto nei camion e sui bus sono riuscito ad arrivare in Inghilterra, dove dopo due visti però mi hanno arrestato e rispedito in aereo a Kabul".
Il secondo viaggio in Europa da clandestino è di sei anni fa, quando era già sposato e padre di due bambini, e anche se non c'erano ancora i talebani ma gli americani, Alì ha capito che nel suo Paese non c'era speranza di dare un futuro alla famiglia: perchè ricordava l'esperienza in Inghilterra e invece lì nella sua provincia di Herat non c'era neppure l'acqua corrente e l'elettricità: "Da noi quando fa freddo si muore di freddo e quando fa caldo si muore di caldo, in Europa invece avete i condizionatori e il riscaldamento, da noi si muore, da voi si vive".
I lettori su Facebook con grande superficialità lo accusano di avere abbandonato la sua famiglia in Afghanistan: "Ma non è pensabile fare un viaggio come quello che ho fatto io con donne e bambini" dice Alì senza mai alzare il tono della voce.
Ci racconti meglio, ad esempio durante i viaggi i soldi dove li custodiva?
"I soldi si lasciano a casa, a un amico di fiducia, è stato lui che ha pagato di volta in volta attraverso vari intermediari le varie tratte del viaggio, in tutto ho speso 5 mila euro. Ogni confine un pagamento, appena salivo sul camion o sul pullman telefonavo e davo ordine di pagare quanto pattuito, senza soldi appresso non rischiavo di essere rapinato. Ovviamente gli intermediaria vanno pagati".
Partiamo dall'inizio del viaggio...
"Per attraversare il primo confine, dall'Afghanistan all'Iran, io e altri dieci uomini abbiamo atteso la notte giusta, quando infuriava una bufera, poi si aspettava che le luci, i fari dei poliziotti iraniani illuminassero lontano da noi, così entravamo in Iran, rischiando la vita, perchè quelli sparano. Molti afgani sono stati uccisi lì".
Una volta entrati in Iran poi bisogna raggiungere la Grecia: "Gli organizzatori ci hanno aiutato a trovare posto su pullman e su camion, dove ci hanno nascosto in sottofondi dove si rimane anche dieci ore fermi, immobili. Quandi uscivamo non riuscivamo quasi a camminare".
E per i bisogni fisiologici?
"Mangiavamo poco, solo pane asciutto, e non bevevamo quasi niente".
Con il caldo in quelle condizioni estreme si rischiava la vita?
"Qualcuno infatti è morto".
Dopo rimane da attraversare la Turchia, la Grecia e i vari paesi Balcanici...
"Il viaggio per arrivare in Austria e in Germania dura circa tre mesi, oltre ai viaggi sui tir e sui bus ci sono tappe in cui bisogna camminare per dieci ore sotto il sole, o di notte al freddo. A volte non si mangia per giorni, e quando le varie polizie di confine ti fermano spesso sono botte, con il manganello, colpiscono dove c'è carne, sulle cosce, sul sedere, per non spaccare le ossa, ma fanno male...".
Viaggi da incubo che è impensabile possano essere effettuati anche da da donne e bambini: "Mia mogli e i mie figli non potrebbero farcela. Per questo, ora che sono in Italia con il permesso di rifugiato, ora che ho un lavoro e sto cercando un casa, spero che la mia famiglia possa raggiungermi presto. Una volta in possesso dei documenti necessari mia moglie e i figli potranno arrivare in Italia in poche ore, potranno raggiungere l'Italia comodamente seduti su una poltrona di un aereo".
cronaca
Genova, il rifugiato afghano: "Ho lasciato la mia famiglia a Kabul per salvarla"
Alì: "Moglie e figli non potrebbero sopportare un viaggio di tre mesi in clandestinità"
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